Gianna Bentivenga. Muta
“Vorrei rintanarmi in una foglia di vite arrotolata”, scriveva Hermann Lenz per dare conto con un’immagine della propria volontà di ritrarsi – al tempo stesso per proteggersi e riflettere – dinanzi alla violenza del mondo (l’anno era il 1934, il luogo la Germania).
I versi del poeta tornano alla mente, e vi risuonano come eco di un’affinità spirituale sempre possibile tra gli artisti anche lungo tempi e spazi distanti, mentre si osservano i nuovi lavori di Gianna Bentivenga (disegni, incisioni), previsti per la sua personale all’Atelier. Nell’alternarsi delle forme tipicamente sospese dell’artista – a metà tra il biotico e il tellurico, sempre e comunque metamorfiche – si rinviene in effetti per costante spirituale un anelito al raccoglimento, la traccia visiva di un’introspezione volta a porre le distanze dal mondo, dalle sue distrazioni e distruzioni, mentre ci si concentra in un’autonoma creazione.
Sulla carta, questa tensione introversa alla generazione prende alle volte le sembianze oscure di processi di sviluppo irrisolti – un titolo ricorrente è non a caso Disecdisi, ovvero un’alterazione patologica della muta dei rettili. Più spesso, tuttavia, s’intende tra i segni grassi della grafite o la liquidità delle acquaforti un distendersi di quella nervosità e inquietudine che, come già rilevato dalla critica, distinguevano le precedenti esposizioni dell’artista. Le immagini, qui, si fanno piuttosto nodo, involucro, bozzolo, tutti elementi accomunati da uno stringere e racchiudere preparatori di un’evoluzione, come a indicare l’incentrarsi dell’intero progetto espositivo su ciò che propriamente si raccoglie per mutare. Rintanata nella sua foglia, elusiva allo sguardo e al tempo stesso accogliente, l’arte di Gianna Bentivenga tradisce così un desiderio genuino di organica misura, sulla soglia dell’abisso che la circonda.
Luca Arnaudo
I versi del poeta tornano alla mente, e vi risuonano come eco di un’affinità spirituale sempre possibile tra gli artisti anche lungo tempi e spazi distanti, mentre si osservano i nuovi lavori di Gianna Bentivenga (disegni, incisioni), previsti per la sua personale all’Atelier. Nell’alternarsi delle forme tipicamente sospese dell’artista – a metà tra il biotico e il tellurico, sempre e comunque metamorfiche – si rinviene in effetti per costante spirituale un anelito al raccoglimento, la traccia visiva di un’introspezione volta a porre le distanze dal mondo, dalle sue distrazioni e distruzioni, mentre ci si concentra in un’autonoma creazione.
Sulla carta, questa tensione introversa alla generazione prende alle volte le sembianze oscure di processi di sviluppo irrisolti – un titolo ricorrente è non a caso Disecdisi, ovvero un’alterazione patologica della muta dei rettili. Più spesso, tuttavia, s’intende tra i segni grassi della grafite o la liquidità delle acquaforti un distendersi di quella nervosità e inquietudine che, come già rilevato dalla critica, distinguevano le precedenti esposizioni dell’artista. Le immagini, qui, si fanno piuttosto nodo, involucro, bozzolo, tutti elementi accomunati da uno stringere e racchiudere preparatori di un’evoluzione, come a indicare l’incentrarsi dell’intero progetto espositivo su ciò che propriamente si raccoglie per mutare. Rintanata nella sua foglia, elusiva allo sguardo e al tempo stesso accogliente, l’arte di Gianna Bentivenga tradisce così un desiderio genuino di organica misura, sulla soglia dell’abisso che la circonda.
Luca Arnaudo
Luoghi
06 4740566
orario: mar-sab 18-20 o su appuntamento