Franco Viola. Metaphysics of Colour in the Third Millennium
A cura di: Beatrice Buscaroli
La vicenda di Franco Viola racconta in primo luogo una lunga frequentazione delle opere e degli artisti del passato. La sua vita, che lo ha portato alla definitiva scelta per la sola pittura, rinunciando a un lavoro d’intensa concentrazione, racconta la stessa storia.
E da questa riceve il risultato delle ultime opere che sembrano sentire realmente gli effetti di una lunga meditazione che, attraversando il secolo appena trascorso, lo porta a una sorta di meditata sintesi sui pittori da lui osservati ma soprattutto su se stesso.
L’origine è sempre stata la maggiore pittura europea del novecento, dagli espressionisti tedeschi agli espressionisti astratti americani.
Poi c’è la natura, sulla quale Viola insiste essersi formato. Ma dall’altra parte, come scrive Lorand Hegyi nell’importante catalogo che accompagna questa mostra, Viola si appoggia su “formazioni forti e compatte, decise e marcate, pesanti e robuste, fisiche e scultoree…”. I violenti contrasti, tra vuoti e pieni, linee e struttura, sembrano porre allo spettatore odierno un quesito su che cosa sia davvero la pittura oggi.
Non astratta, non concreta, così avrebbero scritto negli anni Cinquanta, questa pittura ne sente la ferita risolvendola in opere silenziose e immote che sembrano proporre una risposta più che una domanda.
Dall’intensa accensione di colori che sembrano gridare la loro necessità, Viola passa, di opera in opera, ad una sorta di decantazione che, alle volte, riporta ai primi risultati della pittura informale, oppure ad una bellezza senza tempo che le parole non possono definire.
Le opere che oggi l’artista espone per la prima volta presso lo Studio d'Arte per il 900 di Giampiero Biasutti a Torino, sono l’esempio di come questa decantazione raggiunga un rapporto completamente nuovo tra colore e spazio, riuscendo a mantenere una sorta di nostalgia per gli autori del passato e per il suo reale passato, in una “immutabilità
svincolata dai riferimenti personali del pittore” che, come scrive ancora Hegyi, sono il reale contatto con la sua pittura.
Queste opere sembrano dunque fluttuare in uno spazio completamente nuovo, dove il passato convive col presente e sembra rilanciarlo al futuro.
Così la pittura diventa biografia e la biografia è pittura. Ciò accadeva con gli artisti antichi. Il fatto nuovo è la concentrazione.
Della sua arte hanno scritto numerosi critici italiani e stranieri quali Paolo Balmas, Amnon Barzel, Rolando Bellini, Beatrice Buscaroli, Gianni Franceschetti, David Galloway, Giorgio di Genova, Domenico Guzzi, Lóránd Hegyi, Wulf Herzogenrath, Alan Jones, Gottfried Knapp, Mario de Micheli, Nico Orengo, Manfred Schneckenburger, Vittorio Sgarbi, Duccio Trombadori, Peter Weiermair.
Negli ultimi anni, Viola ha esposto le sue opere allo State Museum for Contemporary Art di Salonicco, alla Kunsthalle di Brema, al Kunsthistorisches Museum di Vienna, al Moscow Museum of Modern Art, allo State Art Museum di Novosibirsk, al Regional Art Museum di Samara, Museo de la Memoria de Andalucía di Granada, Galerie Michael Schultz Berlin presso Kunsthalle Dresden im art'otel, Galerie Michael Schultz Berlin e Galerie Schrade presso Schloß Mochental di Mochental, Galerie Schrade - Karlsruhe, Galerie Kampl - Munich.
E da questa riceve il risultato delle ultime opere che sembrano sentire realmente gli effetti di una lunga meditazione che, attraversando il secolo appena trascorso, lo porta a una sorta di meditata sintesi sui pittori da lui osservati ma soprattutto su se stesso.
L’origine è sempre stata la maggiore pittura europea del novecento, dagli espressionisti tedeschi agli espressionisti astratti americani.
Poi c’è la natura, sulla quale Viola insiste essersi formato. Ma dall’altra parte, come scrive Lorand Hegyi nell’importante catalogo che accompagna questa mostra, Viola si appoggia su “formazioni forti e compatte, decise e marcate, pesanti e robuste, fisiche e scultoree…”. I violenti contrasti, tra vuoti e pieni, linee e struttura, sembrano porre allo spettatore odierno un quesito su che cosa sia davvero la pittura oggi.
Non astratta, non concreta, così avrebbero scritto negli anni Cinquanta, questa pittura ne sente la ferita risolvendola in opere silenziose e immote che sembrano proporre una risposta più che una domanda.
Dall’intensa accensione di colori che sembrano gridare la loro necessità, Viola passa, di opera in opera, ad una sorta di decantazione che, alle volte, riporta ai primi risultati della pittura informale, oppure ad una bellezza senza tempo che le parole non possono definire.
Le opere che oggi l’artista espone per la prima volta presso lo Studio d'Arte per il 900 di Giampiero Biasutti a Torino, sono l’esempio di come questa decantazione raggiunga un rapporto completamente nuovo tra colore e spazio, riuscendo a mantenere una sorta di nostalgia per gli autori del passato e per il suo reale passato, in una “immutabilità
svincolata dai riferimenti personali del pittore” che, come scrive ancora Hegyi, sono il reale contatto con la sua pittura.
Queste opere sembrano dunque fluttuare in uno spazio completamente nuovo, dove il passato convive col presente e sembra rilanciarlo al futuro.
Così la pittura diventa biografia e la biografia è pittura. Ciò accadeva con gli artisti antichi. Il fatto nuovo è la concentrazione.
Della sua arte hanno scritto numerosi critici italiani e stranieri quali Paolo Balmas, Amnon Barzel, Rolando Bellini, Beatrice Buscaroli, Gianni Franceschetti, David Galloway, Giorgio di Genova, Domenico Guzzi, Lóránd Hegyi, Wulf Herzogenrath, Alan Jones, Gottfried Knapp, Mario de Micheli, Nico Orengo, Manfred Schneckenburger, Vittorio Sgarbi, Duccio Trombadori, Peter Weiermair.
Negli ultimi anni, Viola ha esposto le sue opere allo State Museum for Contemporary Art di Salonicco, alla Kunsthalle di Brema, al Kunsthistorisches Museum di Vienna, al Moscow Museum of Modern Art, allo State Art Museum di Novosibirsk, al Regional Art Museum di Samara, Museo de la Memoria de Andalucía di Granada, Galerie Michael Schultz Berlin presso Kunsthalle Dresden im art'otel, Galerie Michael Schultz Berlin e Galerie Schrade presso Schloß Mochental di Mochental, Galerie Schrade - Karlsruhe, Galerie Kampl - Munich.
Luoghi
www.giampierobiasuttinovecento.com 011 8390690 011 8390690
orario:mar-sab 10,30-12,30 e 15,30-19 ingresso libero