Franco Mulas "La storia del paesaggio"
A cura di: Lorenzo Canova, Piernicola Maria Di Iorio

In una sorta di mulinello circolare, Mulas discende a ritroso nel tempo per poi agganciarsi alla contemporaneità, evidenziando la sua attenzione per la Pop Art nella tavolozza acida della pittura che ricorda cromature e colature di acciaio fuso, in un flusso che immerge la sua stesura cromatica in acque della memoria e dell’inconscio, da cui sorgono lastre marmoree dove si innesta il ricordo delle Ninfee di Monet, in opere che appaiono come premonizioni di molte immagini digitali del nostro presente, tra cinema in HD e nuova pittura realizzata al computer.
L’artista compone dunque la sua personale storia del paesaggio, attraversando con coerenza la pittura romantica e le citazioni impressioniste, la Pop Art e l’Informale per costruire un lungo viaggio di sublimazione in cui il paesaggio viene rielaborato in una sorta di décollage iconico fondato sulle basi e sulla trasformazione della sua visione pittorica.
Mulas evoca così porzioni di natura rilette dall’occhio artificiale di un’opera che si trasforma in un possibile inventario del reale costruito con gli strumenti archetipi della pittura, ci presenta cataloghi di tramonti e una serie di big bang che mettono l’artista a confronto diretto con il mistero della luce, in lavori dove le immagini si fissano come un codice genetico impresso sull’acqua e sulla pietra e si disfano giungendo al confine dell’astrazione, fino agli ultimi quadri in cui la visione si avvicina alla contemplazione desolata delle macerie culturali di un presente dove l’utopia si è ribaltata nel segno distopico dell’azzeramento e della lacerazione.
Luoghi
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