Franco Mulas '68 "Opere dal 1968 al 1973"
A cura di: Lorenzo Canova
Venerdì 23 marzo alle ore 18.00 inaugura, presso la Galleria André, la mostra Franco Mulas '68, opere realizzate negli anni 68-73. L'esposizione è curata da Lorenzo Canova, con testi di Lorenzo Canova, Enzo D'Arcangelo, Tommaso Di Francesco, con il supporto dell’Archivio delle arti elettroniche - Laboratorio per l’arte contemporanea - Università degli Studi del Molise.
In cinque decenni Franco Mulas ha tracciato un arco lungo e ricco di capitoli, iniziato con una figurazione di grande rigore che ha saputo raccogliere sollecitazioni internazionali e lo stimolo decisivo della Pop Art americana, con espliciti omaggi a James Rosenquist, che però non si declinano nella linea di una banale imitazione di modelli d'oltre oceano, ma che si collocano in modo autonomo e del tutto personale in un ampio contesto italiano ed europeo.
Mulas ha saputo infatti distinguersi grazie ad uno sguardo lucido e rigoroso, a una visione che non vuole seguire pedissequamente una realtà trasposta dalla fotografia, ma innestandolo nelle radici della sua opera per stravolgere completamente ogni possibilità di intenzione imitativa.
Il famoso ciclo sul '68 dipinto da Mulas ha così la forza di una riflessione critica e la potenza di una premonizione, rileva in modo immediato e folgorante il dramma e le contraddizioni di quel movimento e l'impossibilità di una rivoluzione perennemente sognata e teorizzata con la forza dell’utopia.
Si è parlato per Franco Mulas di confluenze di Rosenquist, di Blow Up di Antonioni, di Godard, di pensiero di Rudi Dutshke, di "benessere alienante", meglio ancora aggiungeremo di Basaglia, di Laing, di Marcuse,di Benjamin.
C'è nei dipinti "L'Immaginazione non ha preso il potere", "Le pietre d'Europa", "Dialogo sul potere", "Nous sommes tous indesirables","Gilles alla Bastiglia", tutta la frenesia dei corpi, la forza carnale della loro solitudine. C'è l'inizio dell'antropologia contemporanea del malessere profondo, ineludibile, narrata con il colore lucido che vuole rimanere e non offuscarsi.
In questo modo Mulas dipinge figure in fuga e il dialogo silenzioso tra l'uomo dalla pelle nera e Lincoln, apre possibili riflessioni sulla schiavitù e sulla persistenza nel mondo contemporaneo su un razzismo che oggi è riemerso con una diffusione devastante, sulla storia e sulla narrazione del nostro presente.
Ecco allora la metamorfosi cercata da Franco Mulas: il manifesto del Maggio Francese diventa una duratura pala del Duecento e le scalinate porose di Valle Giulia trasmettono il dolore fisico per un potere che non si è diffuso. Per un mondo nuovo che non è venuto.
In cinque decenni Franco Mulas ha tracciato un arco lungo e ricco di capitoli, iniziato con una figurazione di grande rigore che ha saputo raccogliere sollecitazioni internazionali e lo stimolo decisivo della Pop Art americana, con espliciti omaggi a James Rosenquist, che però non si declinano nella linea di una banale imitazione di modelli d'oltre oceano, ma che si collocano in modo autonomo e del tutto personale in un ampio contesto italiano ed europeo.
Mulas ha saputo infatti distinguersi grazie ad uno sguardo lucido e rigoroso, a una visione che non vuole seguire pedissequamente una realtà trasposta dalla fotografia, ma innestandolo nelle radici della sua opera per stravolgere completamente ogni possibilità di intenzione imitativa.
Il famoso ciclo sul '68 dipinto da Mulas ha così la forza di una riflessione critica e la potenza di una premonizione, rileva in modo immediato e folgorante il dramma e le contraddizioni di quel movimento e l'impossibilità di una rivoluzione perennemente sognata e teorizzata con la forza dell’utopia.
Si è parlato per Franco Mulas di confluenze di Rosenquist, di Blow Up di Antonioni, di Godard, di pensiero di Rudi Dutshke, di "benessere alienante", meglio ancora aggiungeremo di Basaglia, di Laing, di Marcuse,di Benjamin.
C'è nei dipinti "L'Immaginazione non ha preso il potere", "Le pietre d'Europa", "Dialogo sul potere", "Nous sommes tous indesirables","Gilles alla Bastiglia", tutta la frenesia dei corpi, la forza carnale della loro solitudine. C'è l'inizio dell'antropologia contemporanea del malessere profondo, ineludibile, narrata con il colore lucido che vuole rimanere e non offuscarsi.
In questo modo Mulas dipinge figure in fuga e il dialogo silenzioso tra l'uomo dalla pelle nera e Lincoln, apre possibili riflessioni sulla schiavitù e sulla persistenza nel mondo contemporaneo su un razzismo che oggi è riemerso con una diffusione devastante, sulla storia e sulla narrazione del nostro presente.
Ecco allora la metamorfosi cercata da Franco Mulas: il manifesto del Maggio Francese diventa una duratura pala del Duecento e le scalinate porose di Valle Giulia trasmettono il dolore fisico per un potere che non si è diffuso. Per un mondo nuovo che non è venuto.
Luoghi
http://www.andrearte.it +39 066861875 +39 066877343