Franco Cortese e Reale Franco Frangi
A cura di: Gabriella Brembati
artisti esponenti del MOVIMENTO MADI INTERNAZIONALE
testi critici di Matteo Galbiati e Luca Pietro Nicolett L’arte Madi, nonostante si esprima attraverso severi e rigorosi, quanto disciplinati e precisi, principi e regole che ordinano e indirizzano il fare e l’espressione degli artisti che ne seguono i dettami, offre anche una grande e libera possibilità espressiva. Pare un concetto contraddittorio per un movimento che ha codici quasi ferrei eppure, per chi ha avuto modo di frequentare le mostre collettive degli artisti Madi, avrà ben chiaro quanto la loro espressione sia certamente riconoscibile per coerenza nel contesto di un linguaggio di gruppo, ma altrettanto offra un ampio spettro di variabili e varianti che sono la traduzione precisa e puntuale delle singole personalità dei suoi componenti. Ogni artista, nel rispetto del segno Madi, riesce a ricavare un’impronta di personalizzazione unica, caratterizzante la sua irripetibile e indomabile identità. Ciascuno di loro sa ben porre, con i pochi e vincolanti elementi a disposizione, un inequivocabile accento individuale al proprio fare e al proprio dire. Ciascuno individua un preciso spunto che rende visibile quell’ originalità singolare che si chiede – e auspica sempre – alla ricerca di ogni artista. Questo avviene in loro senza tradire mai lo spirito puro del Madi. Come ho già avuto modo di dire: Madi o si è o non si è, non ci sono posizioni intermedie. Dentro o fuori. Questo rende unico il movimento Madi e grande la sua forza propositiva.(…)
Franco Cortese non fa certamente eccezione a questa rilevante modalità espressiva e rispecchia pienamente i principi chiave del Madi (...)
(...) individua entro la superficie bidimensionale dell’oggetto “quadro” la possibilità di sviluppo plastico proprio delle sue precedenti opere scultoree: sulla superficie, che sarà poi dipinta e che trasfigura nella tridimensionalità, coordina sapientemente le direttrici che muovono la materia e la forma. Crea figure solidamente geometriche che sprigionano tutta la loro ascendenza evolutiva e mutevole. Opera eseguendo geometrizzazioni che spingono il disegno piano verso la direttrice di una lenta amplificazione spaziale, che solidifica tangibilmente, nell’evidenza-invadenza dell’ambiente circostante, le tensioni prefigurali interne il tessuto della materia e latenti nel riconoscimento fisico. Cortese fa emergere strutture tettoniche, pulsanti dentro la sostanza della forma, e le porta oltre la superficie. Le espande al di fuori delle forme geometriche più trattenute. In questa proiezione vulcanica all’esterno del luogo geometrico, Cortese riesce a creare insiemi nuovi di forme oggettuali che arricchiscono e amplificano l’abituale geometria del visibile. I suoi segni inoltre, proprio per la concretizzazione attuata, non si vedono solamente, ma si percepiscono fisicamente quali parti integranti il nostro stesso spazio concreto. L’opera pittorica diventa, nella sua incontaminata astrazione, reale e vera. Come una scultura. Non più solo artificio retorico visuale. Questo principio arricchente – matematico nel suo procedere – di Cortese accresce e stimola la percezione e l’indagine che lo sguardo compie sulla realtà fisica dell’opera e lo valorizza di esperienze e possibilità nuove. Sempre con un linguaggio assoluto e senza compromessi o intermediazioni.(…)
(…) Il colore in lui si presenta come unico, monocromatico; è un colore piatto e inerte, primitivo, solido e compatto, ripulito da sfumature e timbri segnici. Scevro da ogni possibile calligrafismo pittorico, si rende, appunto, puro. Puro e per questo singolarmente pensato per la struttura formale cui si lega. Franco Cortese concede alle sue opere di confrontarsi con colori che si fronteggiano in un doppio dialogo: due colori, due superfici, due strutture.(…) (Matteo Galbiati, dal testo in catalogo, febbraio 2013)
(…) Si può dire senza esitazione che da sempre Reale F. Frangi è un artista Madi, molto prima della nascita del gruppo italiano di aderenti al movimento fondato nel 1946, a Buenos Aires, da Carmeno Arden Quin. D’altra parte, Madi va a collocarsi, non solo per Frangi, in una stagione matura del suo percorso di ricerca artistica, per cui era naturale che il suo approdo nel gruppo, fin dalla sua costituzione nel 1991, fosse lo sbocco di un percorso con radici molto più remote. La pratica artistica, come spesso è accaduto, ha preceduto la sua messa in pagina teorica.(…)
(…) Fin da subito, infatti, la propensione per la geometria è una scelta di rigore. «Non esprimere, non rappresentare, non significare», come ha ricordato sempre Galbiati scrivendo sul nostro artista, sono le tre regole di base a cui ogni artista del Movimento si deve attenere. E questo significa, nella pratica operativa, frenare le passioni in nome del rigore, placare gli impeti istintivi e progettare in modo razionale, come in architettura o nel design, ogni fase del procedimento: eppure, sotto quella patina di apparente freddezza che queste dichiarazioni di poetica potrebbero presagire, si annida una intima poesia di accordi. Non significa, invece, bandire completamente la presenza umana dal campo dell’opera d’arte.(…)
(…) All’interno di questo gioco di simmetrie reali e apparenti, infatti, Frangi inserisce anche un discorso sul positivo e negativo dell’immagine: la specularità, infatti, non è soltanto un fatto di rimandi formali fra punti equidistanti a una distanza esatta rispetto a un punto o a un asse, ma coinvolge il colore. (…)
(…) Al posto di un rosso, quindi, si potrà trovare specularmente un verde, oppure un blu e un arancione, complicando il gioco non solo attraverso la combinazione di sagome, ma anche contornando queste ultime con una sottile bordura di colore che può a sua volta entrare in questo gioco di variazioni e rimandi: si potrebbe trovare, per fare un esempio, un rettangolo verde pallido, solcato da una linea blu in cui si insinua un triangolo metà nero e metà rosa, speculare e ribaltato rispetto a un altro rettangolo, questa volta rosa e solcato da una linea rossa, con un triangolo metà nero e metà verde (e dello stesso verde del rettangolo presente nell’altra metà del quadro); subito fuori, invece, due spicchi di triangolo rosso vicino al rettangolo verde e blu (anziché verde come ci si aspetterebbe) a coté del rettangolo rosa. Una griglia di rigore, insomma, ma sempre senza una regola fissa. È proprio questo che consente a Frangi un uso esatto ma non “dogmatico” della geometria, con un divertimento inventivo ludico ma calibrato. (Luca Pietro Nicoletti, dal testo in catalogo, febbraio 2013)
Luoghi
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