Franco Angeli – Gouaches. Dagli anni ’50 agli anni ’80
A cura di: Paolina Sturni, Silvia Pegoraro
Antichità Sturni nasce a Roma nel 1925 come galleria antiquaria, nella sede di Via Campo Marzio 81, che ancor oggi occupa. Giunta alla terza e quarta generazione, l'attività della famiglia è oggi curata da Nicla Boncompagni e Paolo Sturni – recentemente affiancati dalla figlia, Paolina Sturni, in veste di Art Director - che nello spazio completamente rinnovato della storica sede di Via Campo Marzio propongono preziosi d'epoca realizzati dalle più grandi Maison: gioielli di artisti del '900, oltre a una collezione permanente di Vintage di Hermès .
Con la mostra di Franco Angeli prosegue un percorso attraverso l'arte moderna e contemporanea intrapreso da qualche anno: un percorso che nasce da una grande passione da sempre coltivata dai titolari, passione che si accompagna al desiderio di studiare a fondo il profilo identitario di quest’arte e di farne conoscere le molteplici espressioni, dalla dimensione aniconica - l’astrattismo in tutte le sue varietà e sfumature - alle forme espressive più vicine alla figurazione.
Di recente la direzione artistica è stata assunta con entusiasmo da Paolina Sturni, fotografa e studiosa d’arte, che con la mostra di Angeli è alla sua prima organizzazione e curatela di un evento espositivo.
Di Franco Angeli scrisse Goffredo Parise, in uno dei suoi affettuosi e pungenti ritratti di Artisti: “E’ la bellezza e la grazia popolare romana”. Una grazia pasoliniana, sensuale e malinconica, che ci restituiscono anche le foto di questo grande pittore nato a Roma nel 1935, nel quartiere di San Lorenzo, e a Roma scomparso nel 1988, per molti anni quasi dimenticato. Non era però la malinconia, ma la disperazione ciò che il grande e “inclassificabile” Emilio Villa vedeva nelle sue prime opere, di matrice ancora informale : "quella specie di cosmologia arida, appena intravertibile da filiture e marezzature da screpoli e coaguli, tutta una metafisica sensitiva e ritmi generalizzati della disperazione": era la fine degli anni ’50, il periodo della sua sperimentazione astratto-materica ispirata soprattutto a Burri. Ma già nel ’59 anni iniziano a campeggiare come risulta evidente anche dalle opere su carta di questa mostra - icone minacciose e fortemente simboliche : svastiche, croci, lupe, aquile, emblemi di potere. Nel 1964 esplode a Venezia la Pop Art americana, ed è apparentemente ovvio associare alla sua iconografia la dura ed essenziale iconicità dell’immagine angeliana. Ma qui, alla consapevolezza degli stereotipi visivi legati alla civiltà dei consumi si sovrappone il senso di una tradizione millenaria, piena di chiaroscuri, che ha il suo fulcro nella città di Roma. Una tradizione che continua a pesare, e proprio per questo induce Angeli ad assumere una visione distaccata ed ironica verso la retorica celebrativa delle istituzioni. Al posto del presente assoluto quanto effimero di un’estetica da supermercato, dunque, un passato profondo, carico di memorie, che avvicina il lavoro di Angeli a quello di Schifano e di Festa, anche loro esponenti della "Scuola di Piazza del Popolo". L’assoluta originalità del Pop di Angeli e degli artisti a lui vicini sta insomma in una “maniera” tutta italiana, fondata su complesse stratificazioni culturali. Una maniera di forgiare immagini, poi, in cui all’araldica secchezza definitoria delle icone si unisce una profonda attrazione per la materia pittorica, elaborata e preziosa.
Dalla metà degli anni ‘70 le atmosfere visive di Angeli tornano a caricarsi di quella tensione “metafisica” che Villa aveva visto negli anni ’50, anche se ora è incarnata in un genere figurativo: piramidi, lune, obelischi, aeroplani da guerra, sospesi in spazi desolati. Tra questi appare, nei primi anni ‘80, l’ultima invenzione visiva dell’artista romano: un pupazzo disarticolato. Forse un tragico autoritratto.
In una bellissima poesia del 1985 dedicata alle opere su carta di Franco Angeli, Cesare Vivaldi parla di quella “nuda/bianchezza della carta”, protagonista anche di questa mostra e del catalogo che la documenta : 72 gouaches – tutte assolutamente inedite - datate dal 1957 ai primi anni ’80, distribuite dunque lungo tutto il percorso creativo ed esistenziale dell’artista. Opere assolutamente autonome e in sé compiute, che ci fanno comprendere come il disegno sia un mezzo espressivo fondamentale per Franco Angeli: un disegno carico di valori percettivi e simbolici, che si consegna alla carta in morfologie concettuali o emotive, intensamente concrete e “sensibili”, frutto di una gestualità libera e guidata da un’immaginazione fervida, ma insieme limpida ed esatta. La carta non è uno spazio chiuso che costringe le forme, ma le lascia proliferare e respirare liberamente, tratteggiate da linee tremule o affilate, comunque inquiete e vibranti. Per questo Cesare Vivaldi definiva le opere su carta di Angeli “opere dettate da una vera urgenza espressiva, e perciò tutt’altro che ‘minori’, fogli di una fantasia cromatica e di una inventiva invidiabili”. Un repertorio d’immagini dove anche gli elementi logorati dall’uso e dalla ripetizione sono rinnovati dall’intensità della totale autografia/autobiografia, che recupera tutta l’espressività istintiva e caratteriale della linea come scrittura autografa, unendola a una festosità cromatica, a una sontuosità della materia-colore… Viva testimonianza, questa, di come ogni dolore e ogni difficoltà Angeli sapesse riscattarli “nella febbre del dipingere”, come scriveva ancora Vivaldi.
Con la mostra di Franco Angeli prosegue un percorso attraverso l'arte moderna e contemporanea intrapreso da qualche anno: un percorso che nasce da una grande passione da sempre coltivata dai titolari, passione che si accompagna al desiderio di studiare a fondo il profilo identitario di quest’arte e di farne conoscere le molteplici espressioni, dalla dimensione aniconica - l’astrattismo in tutte le sue varietà e sfumature - alle forme espressive più vicine alla figurazione.
Di recente la direzione artistica è stata assunta con entusiasmo da Paolina Sturni, fotografa e studiosa d’arte, che con la mostra di Angeli è alla sua prima organizzazione e curatela di un evento espositivo.
Di Franco Angeli scrisse Goffredo Parise, in uno dei suoi affettuosi e pungenti ritratti di Artisti: “E’ la bellezza e la grazia popolare romana”. Una grazia pasoliniana, sensuale e malinconica, che ci restituiscono anche le foto di questo grande pittore nato a Roma nel 1935, nel quartiere di San Lorenzo, e a Roma scomparso nel 1988, per molti anni quasi dimenticato. Non era però la malinconia, ma la disperazione ciò che il grande e “inclassificabile” Emilio Villa vedeva nelle sue prime opere, di matrice ancora informale : "quella specie di cosmologia arida, appena intravertibile da filiture e marezzature da screpoli e coaguli, tutta una metafisica sensitiva e ritmi generalizzati della disperazione": era la fine degli anni ’50, il periodo della sua sperimentazione astratto-materica ispirata soprattutto a Burri. Ma già nel ’59 anni iniziano a campeggiare come risulta evidente anche dalle opere su carta di questa mostra - icone minacciose e fortemente simboliche : svastiche, croci, lupe, aquile, emblemi di potere. Nel 1964 esplode a Venezia la Pop Art americana, ed è apparentemente ovvio associare alla sua iconografia la dura ed essenziale iconicità dell’immagine angeliana. Ma qui, alla consapevolezza degli stereotipi visivi legati alla civiltà dei consumi si sovrappone il senso di una tradizione millenaria, piena di chiaroscuri, che ha il suo fulcro nella città di Roma. Una tradizione che continua a pesare, e proprio per questo induce Angeli ad assumere una visione distaccata ed ironica verso la retorica celebrativa delle istituzioni. Al posto del presente assoluto quanto effimero di un’estetica da supermercato, dunque, un passato profondo, carico di memorie, che avvicina il lavoro di Angeli a quello di Schifano e di Festa, anche loro esponenti della "Scuola di Piazza del Popolo". L’assoluta originalità del Pop di Angeli e degli artisti a lui vicini sta insomma in una “maniera” tutta italiana, fondata su complesse stratificazioni culturali. Una maniera di forgiare immagini, poi, in cui all’araldica secchezza definitoria delle icone si unisce una profonda attrazione per la materia pittorica, elaborata e preziosa.
Dalla metà degli anni ‘70 le atmosfere visive di Angeli tornano a caricarsi di quella tensione “metafisica” che Villa aveva visto negli anni ’50, anche se ora è incarnata in un genere figurativo: piramidi, lune, obelischi, aeroplani da guerra, sospesi in spazi desolati. Tra questi appare, nei primi anni ‘80, l’ultima invenzione visiva dell’artista romano: un pupazzo disarticolato. Forse un tragico autoritratto.
In una bellissima poesia del 1985 dedicata alle opere su carta di Franco Angeli, Cesare Vivaldi parla di quella “nuda/bianchezza della carta”, protagonista anche di questa mostra e del catalogo che la documenta : 72 gouaches – tutte assolutamente inedite - datate dal 1957 ai primi anni ’80, distribuite dunque lungo tutto il percorso creativo ed esistenziale dell’artista. Opere assolutamente autonome e in sé compiute, che ci fanno comprendere come il disegno sia un mezzo espressivo fondamentale per Franco Angeli: un disegno carico di valori percettivi e simbolici, che si consegna alla carta in morfologie concettuali o emotive, intensamente concrete e “sensibili”, frutto di una gestualità libera e guidata da un’immaginazione fervida, ma insieme limpida ed esatta. La carta non è uno spazio chiuso che costringe le forme, ma le lascia proliferare e respirare liberamente, tratteggiate da linee tremule o affilate, comunque inquiete e vibranti. Per questo Cesare Vivaldi definiva le opere su carta di Angeli “opere dettate da una vera urgenza espressiva, e perciò tutt’altro che ‘minori’, fogli di una fantasia cromatica e di una inventiva invidiabili”. Un repertorio d’immagini dove anche gli elementi logorati dall’uso e dalla ripetizione sono rinnovati dall’intensità della totale autografia/autobiografia, che recupera tutta l’espressività istintiva e caratteriale della linea come scrittura autografa, unendola a una festosità cromatica, a una sontuosità della materia-colore… Viva testimonianza, questa, di come ogni dolore e ogni difficoltà Angeli sapesse riscattarli “nella febbre del dipingere”, come scriveva ancora Vivaldi.
Luoghi
www.antichitasturni.it 06 6784240
Orari: LU 15.30-19.30 ; MAR-SA 10.00-19.30