Francesco Barbieri. Terra di nessuno
A cura di: Testo critico di Christian Omodeo
La “terra di nessuno” è un’area ferroviaria abbandonata, lo spazio sotto uno svincolo della tangenziale, un tunnel, l’interstizio tra due sottopassaggi bui. La terra di nessuno è il soggetto principale della pittura dell’ex “scrittore di graffiti” Francesco Barbieri.
Da questa zona di frontiera l’artista ha imparato ad osservare e a vedere tutto ciò che lo circonda con senso critico ma anche con incanto, trasportando tralicci, antenne, palazzi e cieli opalescenti irrorati di smog nelle sue tele.
testo critico
I paesaggi urbani di Francesco Barbieri trasmettono un modo preciso di vedere e di vivere lo spazio urbano, tipico di chi ha un trascorso nel graffiti writing. Nelle sue opere va in scena un immaginario collettivo rimosso e composto da scorci di città invisibili ai nostri occhi. I suoi paesaggi si concentrano su delle aree urbane che il nostro sguardo ignora coscientemente. Sono delle carte geografiche di un mondo circostante che ci autoprecludiamo, quasi come delle fotografie scattate a occhi chiusi con uno smartphone mentre attraversiamo in treno o in metropolitana una città.
Terra di nessuno, il titolo di questa mostra, è una presa d’atto della relazione irreale – sospinta dal solo desiderio artificiale di consumare o di transitare – che molti hanno con lo spazio urbano. Assume, in seguito, un accento rivendicativo, perché Francesco Barbieri educa l’occhio dei propri spettatori e li invita a riscoprire autonomamente la bellezza di quegli spazi urbani finora preclusi al loro sguardo. Il tono onirico di molte sue composizioni recupera quelle indagini volte a svelare l’anima degli spazi urbani, che Guy Debord e i situazionisti tennero a battesimo negli anni ’50 con il nome di psicogeografia. Il rapporto intimistico con alcuni angoli di città ricalca, invece, le passeggiate descritte dal disegnatore giapponese Jirô Taniguchi ne L’uomo che cammina. Il suo lirismo recupera invece quel rapporto sofisticato e silenzioso allo spazio urbano tipico dei primi ritratti fotografici di città scattati da Eugène Atget nella Parigi di fine ‘800.
Tanta street art trasforma l’esperienza urbana in immagini virali, destinate a internet più che a una tela. Francesco Barbieri fa l’esatto contrario. Racconta la città in modo meno sfacciato, perché preferisce una visione intimistica del paesaggio urbano. Apprezza la resa cromatica di atmosfere cariche di colori forti, in cui riemergono i profili stilizzati di architetture industriali. La lettera e la parola non hanno più spazio nella sua produzione, ma il nuovo lirismo di Francesco Barbieri fa sì che la definizione di poesia visiva sia e rimanga sempre quella più adeguata a definire i quadri e i disegni esposti tra le mura di Square23.
Da questa zona di frontiera l’artista ha imparato ad osservare e a vedere tutto ciò che lo circonda con senso critico ma anche con incanto, trasportando tralicci, antenne, palazzi e cieli opalescenti irrorati di smog nelle sue tele.
testo critico
I paesaggi urbani di Francesco Barbieri trasmettono un modo preciso di vedere e di vivere lo spazio urbano, tipico di chi ha un trascorso nel graffiti writing. Nelle sue opere va in scena un immaginario collettivo rimosso e composto da scorci di città invisibili ai nostri occhi. I suoi paesaggi si concentrano su delle aree urbane che il nostro sguardo ignora coscientemente. Sono delle carte geografiche di un mondo circostante che ci autoprecludiamo, quasi come delle fotografie scattate a occhi chiusi con uno smartphone mentre attraversiamo in treno o in metropolitana una città.
Terra di nessuno, il titolo di questa mostra, è una presa d’atto della relazione irreale – sospinta dal solo desiderio artificiale di consumare o di transitare – che molti hanno con lo spazio urbano. Assume, in seguito, un accento rivendicativo, perché Francesco Barbieri educa l’occhio dei propri spettatori e li invita a riscoprire autonomamente la bellezza di quegli spazi urbani finora preclusi al loro sguardo. Il tono onirico di molte sue composizioni recupera quelle indagini volte a svelare l’anima degli spazi urbani, che Guy Debord e i situazionisti tennero a battesimo negli anni ’50 con il nome di psicogeografia. Il rapporto intimistico con alcuni angoli di città ricalca, invece, le passeggiate descritte dal disegnatore giapponese Jirô Taniguchi ne L’uomo che cammina. Il suo lirismo recupera invece quel rapporto sofisticato e silenzioso allo spazio urbano tipico dei primi ritratti fotografici di città scattati da Eugène Atget nella Parigi di fine ‘800.
Tanta street art trasforma l’esperienza urbana in immagini virali, destinate a internet più che a una tela. Francesco Barbieri fa l’esatto contrario. Racconta la città in modo meno sfacciato, perché preferisce una visione intimistica del paesaggio urbano. Apprezza la resa cromatica di atmosfere cariche di colori forti, in cui riemergono i profili stilizzati di architetture industriali. La lettera e la parola non hanno più spazio nella sua produzione, ma il nuovo lirismo di Francesco Barbieri fa sì che la definizione di poesia visiva sia e rimanga sempre quella più adeguata a definire i quadri e i disegni esposti tra le mura di Square23.
Luoghi
www.square23.blogspot.it 339 6598721
Orari: 11-20 lun-ven, o su appuntamento