Flavio Tecchio "1986-2016. 30 anni con un obiettivo"
A cura di: Anna Mola
Flavio Tecchio ha scelto lo Spazio Raw e la curatela di Anna Mola per presentare la sua esposizione antologica, che racchiude i primi trenta anni di ricerca fotografica. Le oltre 40 stampe, scattate in analogico, che compongono la mostra sono state quasi tutte realizzate personalmente dal fotografo in camera oscura.
Gli esordi, a colori, a metà degli anni ’80 indicano già l’attenzione verso i dettagli e la composizione con pochi elementi. Il passaggio, poco tempo dopo, al bianco e nero sancisce la sua cifra stilistica fino a oggi. Attraverso la sua Nikon FM2 (unica macchina, in 30 anni), immortala passanti, frequentatori di bar, scorci di natura e paesaggi urbani, affinando tecnica e stile e creando un linguaggio in grado di esprimere visivamente tranquillità, riflessioni, paura e – soprattutto – solitudini.
Solitari e pensierosi, infatti, sono spesso i protagonisti delle sue fotografie; non chiusi ma “racchiusi” in loro stessi.
Poco dopo iniziano i viaggi: Stati Uniti, Europa, India, Turchia, Sud America: tanti incontri, chilometri percorsi e storie da raccontare (perfino la testimonianza di un attentato). Con la fedele fotocamera al collo, Tecchio compone, inquadra e colleziona attimi di vita appartenenti a culture e tradizioni diverse, ponendo sempre l’accento sulla componente umana. Immagini semplici e raffinatissime, intime e mai scontate.
Che si tratti di un’anziana che attraversa la strada, di un ballerino solitario in Argentina, di visitatori di un tempio in India o avventori in un caffè di Budapest, riusciamo a immedesimarci in quegli attimi di vita, avvertendoli come famigliari. Siamo in qualche modo con lui “lontano o vicino casa, dove sento il profumo che aggrega la città”, come racconta il fotografo stesso.
La casa è l’emblema degli affetti ed è proprio lì che prende vita la serie più recente scattata da Tecchio e che conclude il percorso di mostra. Con il titolo “Exit”, anch’essa è composta da immagini in bianco e nero e dedicata ai suoi genitori: il padre, mancato anni fa, e la mamma, malata da tempo e sempre più “distante” con la mente. Le mani, spesso in primo piano in queste immagini, diventano il simbolo del legame che si cerca di recuperare con i ricordi, dopo aver subito una grave perdita, ciò che permette una “ricostruzione” a seguito del senso di vuoto e abbandono, un recupero del sé.
Gli esordi, a colori, a metà degli anni ’80 indicano già l’attenzione verso i dettagli e la composizione con pochi elementi. Il passaggio, poco tempo dopo, al bianco e nero sancisce la sua cifra stilistica fino a oggi. Attraverso la sua Nikon FM2 (unica macchina, in 30 anni), immortala passanti, frequentatori di bar, scorci di natura e paesaggi urbani, affinando tecnica e stile e creando un linguaggio in grado di esprimere visivamente tranquillità, riflessioni, paura e – soprattutto – solitudini.
Solitari e pensierosi, infatti, sono spesso i protagonisti delle sue fotografie; non chiusi ma “racchiusi” in loro stessi.
Poco dopo iniziano i viaggi: Stati Uniti, Europa, India, Turchia, Sud America: tanti incontri, chilometri percorsi e storie da raccontare (perfino la testimonianza di un attentato). Con la fedele fotocamera al collo, Tecchio compone, inquadra e colleziona attimi di vita appartenenti a culture e tradizioni diverse, ponendo sempre l’accento sulla componente umana. Immagini semplici e raffinatissime, intime e mai scontate.
Che si tratti di un’anziana che attraversa la strada, di un ballerino solitario in Argentina, di visitatori di un tempio in India o avventori in un caffè di Budapest, riusciamo a immedesimarci in quegli attimi di vita, avvertendoli come famigliari. Siamo in qualche modo con lui “lontano o vicino casa, dove sento il profumo che aggrega la città”, come racconta il fotografo stesso.
La casa è l’emblema degli affetti ed è proprio lì che prende vita la serie più recente scattata da Tecchio e che conclude il percorso di mostra. Con il titolo “Exit”, anch’essa è composta da immagini in bianco e nero e dedicata ai suoi genitori: il padre, mancato anni fa, e la mamma, malata da tempo e sempre più “distante” con la mente. Le mani, spesso in primo piano in queste immagini, diventano il simbolo del legame che si cerca di recuperare con i ricordi, dopo aver subito una grave perdita, ciò che permette una “ricostruzione” a seguito del senso di vuoto e abbandono, un recupero del sé.
Luoghi
www.spazioraw.it 02 49436719
Orario: 15.30 – 19.00 dal lunedì al venerdì, sabato su appuntamento Ingresso libero