13/05/2014 dalle 18:00  al 13/06/2014

Fernando Rea. Aspettando Ulisse

A cura di: Loredana Rea

Fernando Rea. Aspettando Ulisse
ASPETTANDO ULISSE
viaggio a ritroso in un tempo senza tempo


 
Se le porte della percezione fossero purificate, ogni cosa
apparirebbe all’uomo com’è, infinita

William Blake

 
Il lungo percorso di Fernando Rea in quel tempo prossimo e contemporaneamente remoto del mito ha avuto inizio oltre venti anni fa, seguendo il filo di una fascinazione potente, generata dall’unione inscindibile tra attitudine alla narrazione e possibilità di evocazione.
Seguendo le suggestioni proposte dalla mitologia, ha elaborato un linguaggio capace di materializzare il dialogo tra visibile e invisibile, tra razionale e irrazionale, tra finito e infinito per superare i confini di una realtà asfittica e costruire un sottile equilibrio tra passato e presente, cancellandone l’insanabile dualismo. Ha finito con il ripensare la classicità in una prospettiva critica, in cui i termini di tradizione e di sperimentazione sono complementari, non contraddittori. Devono essere interpretati, infatti, come ineludibile esigenza di creare ricercate commistioni e scompaginanti sconfinamenti dell’uno nell’altro, per rendere comprensibili le motivazioni delle operatività espressive e delle direzioni di ricerca che attraversano la contemporaneità.
Relazionarsi con la tradizione non significa quindi pratica citazionista, semmai volontà di legare strettamente al presente la complessità culturale del passato, per riappropriarsi di una densità di pensiero troppo spesso fagocitata da una quotidianità sempre più disattenta ai bisogni profondi dell’individuo. D’altra parte la sperimentazione deve intesa come possibilità di trasformare le sollecitazioni provenienti dalla realtà e dall’arte e non come sterile esercizio sull’esasperata conquista di un nuovo che non sopravvive a se stesso.
Conseguentemente i lavori di Rea si offrono allo sguardo non solo come memoria di una cultura arcaica, piuttosto come epifanie vitali e intense di questo nostro tempo, immagini del continuo farsi e disfarsi delle cose, irresistibilmente sospese tra l’irriducibilità del reale e la malia di pulsioni metafisiche, che agiscono sui sensi, scuotendo ogni certezza. Sono i frammenti di un solitario viaggio a ritroso per riappropriarsi della radice delle cose e comprendere l’inesplicabile fragilità del presente. Sono le icone stranianti eppure familiari della ricerca di sé e dell’accettazione delle ragioni dell’esistenza, per abbandonarsi alla vertigine dell’assoluto e dimenticare, anche solo per un istante, la consapevolezza della propria caducità.
 
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