Fausta Squatriti. Memento mori
La Galleria Weber & Weber presenta il lavoro recente di Fausta Squatriti, figura nota per l’ampiezza del suo campo espressivo condotto fin dagli esordi, nei primi anni ’60, con una personale ricerca trasversale che l’impegna sia nelle arti visive che nella scrittura, della quale si sono interessati grandi maestri come Gillo Dorfles e Giulio Carlo Argan, e critici delle più giovani generazioni.
Questa volta è lo storico dell’arte Dieter Ronte a scrivere di questa mostra “Memento mori”, nella quale sono esposte le opere degli ultimi quattro anni, espresse in tre diversi cicli tematici. Riccarda Turrina attraverso una lunga intervista con l’artista, indaga circa ragioni e modi che conducono Squatriti, da oltre cinquant’anni, in una ricerca totale, che pur tenendo conto di quanto accade nel mondo dell’arte in questi decenni, se ne discosta, quando non lo anticipa.
Alla fine degli anni ’80 l’artista da una svolta importante alla sua ricerca, basata sul rigore formale geometrico, e inizia una sorprendente evoluzione, sia tematica che formale. Si avvale ora di una complessa struttura compositiva, dittici, trittici, installazioni, che uniscono superficie e volume, attraverso l’uso di fotografia, segni astratti, e oggetti tridimensionali, uniti dalla necessità di porre il dito nella piaga, la contraddizione, ma anche l’equilibrio, che regola la vita nel creato, espresso nel senso del tragico, come destino ultimo dell’esistente.
La sua originaria passione per la struttura, alla base delle sculture degli anni ’80, con mutati valori formali, la conduce ai non scontati esiti di una algida messa in scena che rifugge dai pericoli del racconto e del giudizio morale. Squatriti osserva, denuda, con lucidità pervasa di pietas, senza l’eccesso narrativo del dramma.
Altro tratto che collega la ricerca attuale di Squatriti a quella inconsapevole dei suoi inizi adolescenziali, è il ritorno al disegno, antica passione e maestria, abbandonata negli anni del rigore. Già da anni l’artista ha ripreso in mano la matita, disegnando sorprendenti fiori indagati nei loro minimi dettagli anatomici, facendone una sorta di autopsia.
Ma ora ha alzato la posta con due cosmogonie di grandi dimensioni, cui ha dato il titolo di Memento Mori. Il fitto di fiori, freschi, appassiti, marci, secchi, ingarbugliati gli uni negli altri, disegnati con la sola matita in modo magistrale, ci dice della bellezza, viatico necessario che introduce l’artista stessa e chi guarda nel cuore di una allegoria della morte: fragilità, corruzione, disfacimento di tutto quello che, per un tratto temporale, è vivo e mutevole, destinato a lasciare, anche quando umile come uno scarto, l’impronta della propria esistenza.
Su questo tema si innesta anche il complesso quanto commovente libro d’artista In memoria, creato usufruendo di documenti emersi recentemente, riguardanti l’incarcerazione a “Le Nuove” di Torino, di 36 donne ebree torinesi, molte delle quali anzianissime, avvenuta nel ’43.
Questa volta è lo storico dell’arte Dieter Ronte a scrivere di questa mostra “Memento mori”, nella quale sono esposte le opere degli ultimi quattro anni, espresse in tre diversi cicli tematici. Riccarda Turrina attraverso una lunga intervista con l’artista, indaga circa ragioni e modi che conducono Squatriti, da oltre cinquant’anni, in una ricerca totale, che pur tenendo conto di quanto accade nel mondo dell’arte in questi decenni, se ne discosta, quando non lo anticipa.
Alla fine degli anni ’80 l’artista da una svolta importante alla sua ricerca, basata sul rigore formale geometrico, e inizia una sorprendente evoluzione, sia tematica che formale. Si avvale ora di una complessa struttura compositiva, dittici, trittici, installazioni, che uniscono superficie e volume, attraverso l’uso di fotografia, segni astratti, e oggetti tridimensionali, uniti dalla necessità di porre il dito nella piaga, la contraddizione, ma anche l’equilibrio, che regola la vita nel creato, espresso nel senso del tragico, come destino ultimo dell’esistente.
La sua originaria passione per la struttura, alla base delle sculture degli anni ’80, con mutati valori formali, la conduce ai non scontati esiti di una algida messa in scena che rifugge dai pericoli del racconto e del giudizio morale. Squatriti osserva, denuda, con lucidità pervasa di pietas, senza l’eccesso narrativo del dramma.
Altro tratto che collega la ricerca attuale di Squatriti a quella inconsapevole dei suoi inizi adolescenziali, è il ritorno al disegno, antica passione e maestria, abbandonata negli anni del rigore. Già da anni l’artista ha ripreso in mano la matita, disegnando sorprendenti fiori indagati nei loro minimi dettagli anatomici, facendone una sorta di autopsia.
Ma ora ha alzato la posta con due cosmogonie di grandi dimensioni, cui ha dato il titolo di Memento Mori. Il fitto di fiori, freschi, appassiti, marci, secchi, ingarbugliati gli uni negli altri, disegnati con la sola matita in modo magistrale, ci dice della bellezza, viatico necessario che introduce l’artista stessa e chi guarda nel cuore di una allegoria della morte: fragilità, corruzione, disfacimento di tutto quello che, per un tratto temporale, è vivo e mutevole, destinato a lasciare, anche quando umile come uno scarto, l’impronta della propria esistenza.
Su questo tema si innesta anche il complesso quanto commovente libro d’artista In memoria, creato usufruendo di documenti emersi recentemente, riguardanti l’incarcerazione a “Le Nuove” di Torino, di 36 donne ebree torinesi, molte delle quali anzianissime, avvenuta nel ’43.
Luoghi
www.galleriaweber.it 011 19500694
orario: mar-sab 15.30-19.30 ingresso libero