Falso Movimento
A cura di: Valerio Dehò
Rimini - Inaugura sabato 30 ottobre alle 17 “Falso Movimento”, una mostra a cura di Valerio Dehò che racchiude grande poesia, nostalgica solitudine e ricordo attraverso le opere di Kiril Cholakov e Denis Riva. È un percorso potente che si legge con quella grande emozione che accomuna gli artisti “poeti” anche nella diversità dei loro linguaggi.Falso Movimento, prima di essere il titolo di questa mostra, lo è stato il titolo di un celebre film di Wim Wenders realizzato ispirato al romanzo di Wolfgang Goethe “Gli anni di apprendimento di Wilhem Meister”, scritto alla fine del Settecento. Il tema del film e del libro è quello del superamento della solitudine dell’artista.
L’artista esprime se stesso, si cerca e si trova, ma non è mai soddisfatto. La sua ricerca non ha una conclusione, la propria soggettività viene sempre messa anche alla riprova del giudizio degli altri, del pubblico prima ancora probabilmente della critica. E questo movimento non è mai veramente un andare avanti, spesso è un andare indietro nella propria storia, nella nostalgia di qualcosa di lontano nel tempo, nella felicità di ritrovare qualcosa che si riteneva perduto. UN FALSO MOVIMENTO.
Nel mondo di KIRIL CHOLAKOV convivono due anime, quella del racconto, della parola che viaggia nel tempo e quella della memoria che impedisce di muoversi, che vincola l’artista ad un punto fermo, ad un’origine.
Le opere esposte raccontano la storia dell’uomo che adottò una cicogna e la fece diventare un semplice e rispettato abitante del villaggio bulgaro, contiene gli elementi di un mondo che non è scomparso del tutto perché l’arte lo racconta e lo trasmette per farlo rinascere. Una storia surreale e crudele, in cui la cicogna quando cerca di ritornare con i suoi simili alla seguente migrazione, viene uccisa: ha tradito il gruppo e viene punita.
Anche l’artista esce dal gruppo. Kiril ha saputo creare un proprio universo poetico fatto di micro eventi attinti dalla letteratura dalla propria storia personale. È legato al suo “romanzo di formazione” alla ricerca di una verità che si nasconde, di uno spostarsi e viaggiare senza mai muoversi. “Ogni partenza è un ritorno” ha scritto l’artista. E prima che tutto scompaia, uomini, paesi, alberi e animali, Kiril cerca di trattenere con il suo lavoro questi segni che continuano a pulsare nelle sue vene.
LA POETICITÀ DEL SUO UNIVERSO HA QUALCOSA DI IMMOBILE E DI ASSOLUTO.
Tutto diventa scrittura, parola che narra e che costruisce immagini. La tecnica straordinaria in cui le frasi, interi testi diventano textures di immagini, accompagna con un accogliente bianco e nero una dimensione affabulatoria dell’arte, l’arte si fa scrittore e lo scrittore si fa artista in una duplicità che è ricerca dell’uno: oltre che uscita da quella solitudine che comunque è necessaria per scrivere o per dipingere.
Il suo teatro d’ombre agita spettri e figure ancestrali apprese nella giovinezza in Bulgaria, ma sempre con un tono leggero, mai cupo, ironico. Il volo a spirale delle cicogne indica una direzione, il collegamento tra la terra e il cielo, l’eterno ritorno del rimosso, la libertà degli uccelli di indicare a noi umani una possibile liberazione.
L’universo di DENIS RIVA ha la poesia degli spazi alpestri, le prospettive lunghe di una natura forte e presente che sono poi i luoghi in cui vive. L’amicizia con gli animali, il rapporto costante con i cani o i cavalli implica un’affezione per la naturalità come dimensione quotidiana di scelta. “Denis Riva è un instancabile giocatore di parole, -ha scritto Camilla Nacci- tanto che il suo nome d’arte, risultato dalla crasi del suo nome e cognome, è “DeRiva”.
Il suo nome d’arte contiene l’idea di uno spostamento continuo, di un farsi trascinare con consapevolezza verso una direzione, come un fluido la memoria porta in un movimento il corpo e la mente che vi sono immersi.
La figura umana è sempre stilizzata, Riva non è un realista non indulge in dettagli. Alcuni esseri umani hanno volti sostituiti da oblò, in altri la loro silhouette è sufficiente a identificarne la tipologia asessuata che richiama esiti del surrealismo di Dalì e riflessi del minimalismo figurativo alla Folon. Sono solo tracce di un lavoro sospeso tra realtà e fantasia, in un movimento di ricarica continuo, instabile, che vive di attimi interminabili. L’uso di materiali come carta e legno dà a questi lavori la sensazione di un assiduo work in progress, un vero e proprio continuum si legge nello sviluppo della sua poetica.
Tra collage e pittura Riva ha trovato una propria tecnica narrativa per una pittura colta ed emozionale.
Testi tratti dal catalogo a cura del curatore della mostra Valerio Dehò.