Elena Tortia. Camera chiara
Nel concetto stesso di transumanza è implicito il restare. Nell’idea di restare è implicito un desiderio di costruzione.
Il traslocare, invece, implica uno spostamento da un luogo ad un altro. Lo spostamento non è un movimento immobile, sottende un trasferimento non solo oggettuale ma anche identitario. Quello che rimane alla fine di tutto non è il vuoto, è lucida polvere .
Al centro del lavoro c'è la casa, o meglio, una casa: quella delle vacanze che tutti hanno frequentato, che tutti hanno utilizzato come luogo di transito. Questo modello viene, di conseguenza, accentuato con la ricerca della reminescenza pura di abitazione, portando, quindi, lo spazio della Galleria Moitre ad un trasloco continuo di costruzione e decostruzione.
Non sembrando nulla lineare, soprattutto l'attaccamento al luogo e la partecipazione che l'individuo innesca con i suoi simili, per l'esposizione l'artista ha messo a confronto due lavori, un'installazione nata per essere utilizzata ed il prodotto finale di una performance, riuniti e completati in una sorta di wunderkammer fittizia, che coinvolge il processo di edificazione e demolizione dell'idea di residenza.
Infine, questa enciclopedia fittizia è basata sulla presenza concreta di mobili presi dalle case dell’artista, realmente utilizzati in passato e che continuano ad avere la loro funzione, diventando feticci, per necessità e per loro proiezione. L'albero genealogico inciso sul mattone, elemento che documenta la performance e l'inizio della catalogazione della polvere durante i processi di spostamento, insieme alla possibile abitabilità dello spazio, portano il lavoro all'origine di un processo che ha inizio con questa mostra.
Il traslocare, invece, implica uno spostamento da un luogo ad un altro. Lo spostamento non è un movimento immobile, sottende un trasferimento non solo oggettuale ma anche identitario. Quello che rimane alla fine di tutto non è il vuoto, è lucida polvere .
Al centro del lavoro c'è la casa, o meglio, una casa: quella delle vacanze che tutti hanno frequentato, che tutti hanno utilizzato come luogo di transito. Questo modello viene, di conseguenza, accentuato con la ricerca della reminescenza pura di abitazione, portando, quindi, lo spazio della Galleria Moitre ad un trasloco continuo di costruzione e decostruzione.
Non sembrando nulla lineare, soprattutto l'attaccamento al luogo e la partecipazione che l'individuo innesca con i suoi simili, per l'esposizione l'artista ha messo a confronto due lavori, un'installazione nata per essere utilizzata ed il prodotto finale di una performance, riuniti e completati in una sorta di wunderkammer fittizia, che coinvolge il processo di edificazione e demolizione dell'idea di residenza.
Infine, questa enciclopedia fittizia è basata sulla presenza concreta di mobili presi dalle case dell’artista, realmente utilizzati in passato e che continuano ad avere la loro funzione, diventando feticci, per necessità e per loro proiezione. L'albero genealogico inciso sul mattone, elemento che documenta la performance e l'inizio della catalogazione della polvere durante i processi di spostamento, insieme alla possibile abitabilità dello spazio, portano il lavoro all'origine di un processo che ha inizio con questa mostra.
Luoghi
http://galleriamoitre.com 338 1426301
dal martedì al sabato, dalle 15 alle 19