Elena Modorati "Comfort Zone"
A cura di: Testo di Gabriele Salvaterra
Tra mostra di sé e nascondimento, il lavoro di Elena Modorati si sviluppa percorrendo una grande varietà di tecniche e media, dove la coerenza poetica riesce a svilupparsi all’interno di una sempre viva variabilità, quasi una voluta precarietà esistenziale. L’esposizione non è un semplice esibire dei manufatti ma prima di tutto un “esporsi” in cui tracce di vissuto e squarci di personalità prendono corpo negli oggetti e nella materia, facendo dell’intimità privata un campo che si può sviluppare anche nel pubblico e della propria interiorità qualcosa che emerge dalla relazione con le cose, con i materiali e con il fare artistico.
Su tutto il lavoro, quasi una costante nella diversità, domina il candore lattiginoso del bianco, colore liquido della purezza che rimanda al latte materno, quindi all’origine e alla malinconia connessa alla sua possibile perdita ma che non nasconde neppure la sua tragica inquietudine se è vero che nelle culture orientali esso è accostato al lutto e alla morte.
Bianco è infatti il colore più cristallino e trasparente ma anche quello che, proprio per la sua chiarezza, è più soggetto a sporcarsi e diventare impuro. Tale caratteristica viene addirittura sfruttata per allestire un teatro nebuloso in cui la realtà si dà e si ritira continuamente. Per Elena Modorati “il ‘velo’ è ostacolo e insieme membrana che, con la sfumatura dei margini, la morbidezza dei toni, si offre come altro ‘campo’ – di sospensione, di annullamento delle coordinate – dove il limite si declina come intensità pungente dell’effimero, pudica perentorietà di ciò che è trascurabile”. Attraverso esso l’osservatore è chiamato in gioco, è invitato a tendersi verso una realtà misteriosa che non conosce, come nelle recente serie Traiettorie di lacrime, dove la carta è delicatamente, ma crudelmente, vergata per evocare con le sue cicatrici una ferita o un pianto.
La Comfort zone di Elena Modorati non è quindi solo spazio accogliente e ospitale ma anche luogo di messa in questione del sé e di ricerca, come quando, persi nella nebbia, ci aggiriamo nel vuoto senza meta nella speranza e nel timore di poter, infine, urtare qualcosa.
Su tutto il lavoro, quasi una costante nella diversità, domina il candore lattiginoso del bianco, colore liquido della purezza che rimanda al latte materno, quindi all’origine e alla malinconia connessa alla sua possibile perdita ma che non nasconde neppure la sua tragica inquietudine se è vero che nelle culture orientali esso è accostato al lutto e alla morte.
Bianco è infatti il colore più cristallino e trasparente ma anche quello che, proprio per la sua chiarezza, è più soggetto a sporcarsi e diventare impuro. Tale caratteristica viene addirittura sfruttata per allestire un teatro nebuloso in cui la realtà si dà e si ritira continuamente. Per Elena Modorati “il ‘velo’ è ostacolo e insieme membrana che, con la sfumatura dei margini, la morbidezza dei toni, si offre come altro ‘campo’ – di sospensione, di annullamento delle coordinate – dove il limite si declina come intensità pungente dell’effimero, pudica perentorietà di ciò che è trascurabile”. Attraverso esso l’osservatore è chiamato in gioco, è invitato a tendersi verso una realtà misteriosa che non conosce, come nelle recente serie Traiettorie di lacrime, dove la carta è delicatamente, ma crudelmente, vergata per evocare con le sue cicatrici una ferita o un pianto.
La Comfort zone di Elena Modorati non è quindi solo spazio accogliente e ospitale ma anche luogo di messa in questione del sé e di ricerca, come quando, persi nella nebbia, ci aggiriamo nel vuoto senza meta nella speranza e nel timore di poter, infine, urtare qualcosa.
Luoghi
www.dechiricogalleriadarte.com 011 835357
Martedì-mercoledì: 14:00–19:00 - Giovedì, venerdì, sabato: 11:00–19:00 - In altri giorni e orari su appuntamento