Effetto India. Tra memoria e globalizzazione
EFFETTO INDIA vuole fornire uno spaccato dell’ India contemporanea attraverso la presentazione di 4 figure emblematiche della nuova scena artistica di questo paese: Fariba s Alam, Samanta Batra Mehta, Atul Bhalla e Gigi Scaria.
Le opere esposte nei due piani della galleria identificano due temi focali che caratterizzano oggi l’ arte indiana: il senso di un’ indianità odierna, dalla convivenza tra civiltà millenaria e società in divenire all’ attenzione ai mutamenti sociali, la consapevolezza politica. I 4 artisti in mostra concentrano la propria riflessione su cosa significhi essere indiani in una società che sta abbracciando la globalizzazione, in drammatica metamorfosi, in vertiginosa corsa verso il futuro e rivolgono la loro attenzione agli squilibri che lo sviluppo economico produce nei rapporti fra le classi sociali.
Questi artisti si interrogano e al contempo interrogano noi sul senso di una modernità incombente che rischia di perdere memoria e identità culturale.
Il lavoro di Gigi Scaria (1973) si concentra sull’ indagine delle rapide trasformazioni del paesaggio e su una critica politica, economica e geografica dei territorio, in particolare sulla realtà quotidiana delle megalopoli indiane. Attraverso pittura, scultura, fotografia e video Gigi Scaria costruisce architetture immaginarie, paesaggi surreali, scenari in cui le persone sono prigioniere o totalmente escluse da queste interpretazioni del futuro mondo possibile. La fotografia in mostra dal titolo Equator (2011) indaga la relazione asimmetrica che si viene a creare tra le nuove strutture urbane e i vecchi edifici: nella parte superiore una città fagocitata dalla globalizzazione sembra riflettersi apparentemente in quella sottostante che si riferisce invece ad una configurazione urbana del passato. Una linea mediana di confine, come l’ equatore, sottolinea questa integrazione non completamente metabolizzata tra vecchio e nuovo mondo.
Anche Atul Bhalla (1964) si fa portavoce nei suoi video, con un importante presenza personale e performativa, come in I was not waving but drowning (2005), di una critica all’ urbanizzazione implacabile e alle politiche amministrative e di pianificazione urbana a partire dalla considerazione dell’ acqua come un diritto umano fondamentale. In particolare, nell'opera esposta in galleria Water God (2011), l’ acqua da cui emergono imponenti figure di divinità ritratte nella stessa posa delle persone che camminano lungo la riva del fiume diviene un elemento di mediazione tra umano e divino, tra tradizione e innovazione.
La figura della donna e la sua condizione all’interno della società indiana è invece il tema principale dei lavori delle due artiste Samanta Batra Mehta e Fariba s Alam.
Ispirandosi al mondo naturale, alla storia e al mito Samanta Batra Mehta (1975) riprende alcuni simboli dell’iconografia tradizionale indiana, come gli arabeschi vegetali usati dalle donne per decorare il proprio corpo durante le cerimonie religiose, e li rielabora attraverso la tecnica contemporanea della fotografia digitale. Usando pochi moduli che si ripetono secondo punti di vista differenti (a specchio, ruotati, schiacciati …) l’artista compone mondi caleidoscopici in cui la figura femminile diviene non solo soggetto rappresentativo ma anche un veicolo di trasformazione dell’ordine sociale. In Here I lie in my own separate sin (2010) l’artista presenta al centro della fotografia la figura di una danna semi nuda rivolta verso un cortile. La schiena scoperta porta incise con un inchiostro rosso sangue alcune parole che ricordano lì identità e la condizione sociale tradizionale della donna indiana.
Infine il lavoro di Fariba s Alam combina l’immaginario tradizionale con la contemporaneità, integra astrazione, cultura, storia e architettura islamica.
Le installazioni di piccole piastrelle, realizzate attraverso l’uso della fotoceramica, alludono ai mosaici caratteristici delle moschee e costituiscono una riflessione sul rapporto donna-cultura e la sua evoluzione-cambiamento negli ultimi anni.
In Night journey (2008) Fariba rappresenta il tema della migrazione e del viaggio attraverso una delle parabole religiose più conosciute: quella del viaggio mistico del profeta Mohammed dalla Mecca a Gerusalemme cavalcando uno strano animale metà angelo e metà cavallo.
Luoghi
www.artopiagallery.it 02 5460582 02 5460582
orario: mart-sab ore 14.30-19.30