Domenico Ventura "Le Malelingue"
A cura di: Francesco Paolo Del Re e Sabino de Nichilo
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È un’occasione imperdibile per immergersi nell’universo figurativo bizzarro, assurdo e surreale di Ventura, un artista schivo, appartato e forse proprio per questo sorprendente, sapiente artefice di una pittura riconoscibile e personalissima, formalmente composta e raffinata che tuttavia disorienta lo spettatore con soggetti ambigui e situazioni destabilizzanti e paradossali, dietro un’apparente verosimiglianza. Le stanze dell’appartamento del Quadraro trasformato in spazio espositivo, ancora rivestite di vecchie carte da parati sdrucite e strappate, sono l’ambientazione ideale per i racconti a volte iperbolici e a volte boccacceschi che Domenico Ventura dispiega nelle scene della sua pittura e sembrano riempirsi degli echi di un vociare di paese. La voce di Altamura, sulle Murge pugliesi, terra d’origine dell’artista, ma anche la voce di Roma, dei suoi quartieri e delle sue borgate. Che siano ambientate tra i mobili di una casa oppure che siano scorci di esterni, vedute di piazza, feste di popolo, scenari campestri, le narrazioni vernacolari di Ventura sono caratterizzate da una dovizia di particolari e da un gusto della deformazione, dell’iperbole, dell’esasperazione. Si reggono non solo su una perizia tecnica davvero notevole ma anche su una profonda capacità di scavo psicologico che ha radici antiche e nobili, a partire dai ritratti grotteschi e caricaturali di Leonardo da Vinci. Uno sguardo corale e appassionato, umanissimo e molesto, abbraccia tutti i personaggi della pittura di Domenico Ventura nel vortice di una contagiosa maldicenza che dice tutto e tutto tace, per quieto vivere e senso del pudore.