Davide Sgambaro "Una cosa divertente che non farò mai più"
A cura di: Testo critico di Lisa Andreani.
RITAURSO artopiagallery è lieta di inaugurare la nuova stagione espositiva con un ciclo di tre mostre dedicate a giovani artisti italiani. Ad aprire il percorso sarà la prima personale in galleria di Davide Sgambaro (Cittadella, PD, 1989).
La poetica di Sgambaro è contraddistinta da un approccio quasi “umanista”: centrale nel suo lavoro è l’interesse per la natura umana colta in tutti i suoi aspetti e, parallelamente, per le forme letterarie che tentano di indagarla. Ricorrenti per lui sono i temi del confronto con se stessi e del ricordo personale: questo, in particolare, è inteso come una stratificazione di vissuto che si sedimenta sempre più in profondità con il passare del tempo – fino a raggiungere un luogo occulto, quasi inaccessibile.
E’ proprio questa immagine di un’ideale discesa obliqua verso l’intimità dell’individuo la linea-guida del progetto presentato in galleria. Il movimento inclinato dall’esterno verso l’interno è infatti la traccia che seguono le opere esposte, fisicamente distribuite nello spazio da un angolo del pianterreno fino all’angolo opposto del piano superiore.
Si tratta di due serie di lavori al limite tra bidimensionalità e tridimensionalità, che risentono fortemente del vissuto autobiografico dell’artista.
Al piano terra troviamo un’installazione di dipinti monocromi di piccole dimensioni dal titolo “Testa di donna vecchia con un velo intorno al capo”: le dieci tele sono frutto di un attento studio cromatico che riprende (pur senza replicarli alla perfezione), i colori dominanti di opere d’arte che hanno ispirato la ricerca di Sgambaro.
Nella loro disposizione obliqua, idealmente da sinistra verso destra, i monocromi richiamano anche un vero proprio inchino – inteso come omaggio a Giorgione: con lui, l’artista condivide del resto alcune tematiche ricorrenti, tra cui quella dell’inesorabile passaggio del tempo, del degrado, del “memento mori”.
Temi, questi, che si ritrovano ancora più chiaramente nella serie di lavori che da il titolo all’intero progetto – “Una cosa divertente che non farò mai più”. Sorta di reportage sociologico (e umoristico) di un viaggio su una crociera extra-lusso ai Caraibi, il testo - tra i più noti dell’autore statunitense David Foster Wallace, denota per Davide Sgambaro la possibilità di scendere in profondità nel racconto dell’animo umano a partire da un livello di palese superficialità (la bolla estemporanea di un’esperienza vacanziera), sottolineando al tempo stesso il ruolo del ricordo: unico residuo possibile di un vissuto assolutamente effimero. La serie di sculture che da qui prende il nome è realizzata in ottone e pannolenci, due materiali che rappresentano rispettivamente il presente e il suo deterioramento (le lastre di ottone mostreranno via via segni di lavorazione, graffi, i naturali principi di ossidazione) e l’immutabilità del ricordo rappresentato (la lana pressata).
A chiudere la mostra, con un tono più ludico, è un neon con la scritta “You have to bury me twice”: dopo una sorta di discesa verso l’intimità celata, un ritorno all’aspetto superficiale, quasi cinico, che conduce idealmente all’uscio il visitatore.
Accompagna la mostra una pubblicazione con testo critico di Lisa Andreani.
La poetica di Sgambaro è contraddistinta da un approccio quasi “umanista”: centrale nel suo lavoro è l’interesse per la natura umana colta in tutti i suoi aspetti e, parallelamente, per le forme letterarie che tentano di indagarla. Ricorrenti per lui sono i temi del confronto con se stessi e del ricordo personale: questo, in particolare, è inteso come una stratificazione di vissuto che si sedimenta sempre più in profondità con il passare del tempo – fino a raggiungere un luogo occulto, quasi inaccessibile.
E’ proprio questa immagine di un’ideale discesa obliqua verso l’intimità dell’individuo la linea-guida del progetto presentato in galleria. Il movimento inclinato dall’esterno verso l’interno è infatti la traccia che seguono le opere esposte, fisicamente distribuite nello spazio da un angolo del pianterreno fino all’angolo opposto del piano superiore.
Si tratta di due serie di lavori al limite tra bidimensionalità e tridimensionalità, che risentono fortemente del vissuto autobiografico dell’artista.
Al piano terra troviamo un’installazione di dipinti monocromi di piccole dimensioni dal titolo “Testa di donna vecchia con un velo intorno al capo”: le dieci tele sono frutto di un attento studio cromatico che riprende (pur senza replicarli alla perfezione), i colori dominanti di opere d’arte che hanno ispirato la ricerca di Sgambaro.
Nella loro disposizione obliqua, idealmente da sinistra verso destra, i monocromi richiamano anche un vero proprio inchino – inteso come omaggio a Giorgione: con lui, l’artista condivide del resto alcune tematiche ricorrenti, tra cui quella dell’inesorabile passaggio del tempo, del degrado, del “memento mori”.
Temi, questi, che si ritrovano ancora più chiaramente nella serie di lavori che da il titolo all’intero progetto – “Una cosa divertente che non farò mai più”. Sorta di reportage sociologico (e umoristico) di un viaggio su una crociera extra-lusso ai Caraibi, il testo - tra i più noti dell’autore statunitense David Foster Wallace, denota per Davide Sgambaro la possibilità di scendere in profondità nel racconto dell’animo umano a partire da un livello di palese superficialità (la bolla estemporanea di un’esperienza vacanziera), sottolineando al tempo stesso il ruolo del ricordo: unico residuo possibile di un vissuto assolutamente effimero. La serie di sculture che da qui prende il nome è realizzata in ottone e pannolenci, due materiali che rappresentano rispettivamente il presente e il suo deterioramento (le lastre di ottone mostreranno via via segni di lavorazione, graffi, i naturali principi di ossidazione) e l’immutabilità del ricordo rappresentato (la lana pressata).
A chiudere la mostra, con un tono più ludico, è un neon con la scritta “You have to bury me twice”: dopo una sorta di discesa verso l’intimità celata, un ritorno all’aspetto superficiale, quasi cinico, che conduce idealmente all’uscio il visitatore.
Accompagna la mostra una pubblicazione con testo critico di Lisa Andreani.
Luoghi
www.artopiagallery.it 02 5460582 02 5460582
ORARI GALLERIA: da martedì a venerdì ore 15-19