Daniele Rocci. Source Code
A cura di: Gaia Conti
Non c’è linguaggio senza inganno
Italo Calvino
La conoscenza è in via di estinzione. Dalla nascita del pensiero critico, mirabilmente spiegata per immagini nel capolavoro cinematografico “2001: Odissea nello spazio”, ne è passato di tempo. Un monolite nero appare misteriosamente, la conoscenza viene infusa, il capo degli ominidi usa gli strumenti che ha a disposizione come arma – probabilmente la scena filmica più potente e famosa di sempre. Migliaia di anni più tardi, ora, la disponibilità di nuove tecnologie crea un fenomeno di sovra-informazione che tende all’ibridazione del pensiero. Il vuoto. L’omologazione. E le visioni di Daniele Rocci sono pronte a materializzarsi.
Esseri mutanti, benvenuti. I protagonisti della prima personale dell’artista alla galleria Romberg sono attori in un mondo parallelo di forme primordiali. L’universo di Daniele è affollato di strane creature colorate, plasmate da un materiale leggero e difficilmente controllabile come la schiuma di poliuretano espanso. Un materiale inusuale, solitamente impiegato in edilizia come isolante, che lui padroneggia per “disegnare nell’aria” una folla di ominidi di diverse stature. Nascono con un animo in tondino di ferro e un corpo evanescente, come esseri “trasversali” che animano i pensieri e i sogni dell’artista.
Sono cittadini di un’umanità imperfetta. Immobili. Tecnologici e allo stesso tempo analogici. Senza parole, ma con molto da dire. Abitano quel “villaggio globale” teorizzato dallo studioso canadese Marshall McLuhan, nel quale l’informazione è portata capillarmente da una parte all’altra del globo. Ecco gli “RGB” – Red/Green/Blue – come il codice colore che ci permette di vedere le immagini al computer. Un piccolo esercito di creature sconnesse, il cui cavo è, appunto, scollegato da quella stessa rete di informazioni che si muove a velocità neuronale, eliminando ogni sforzo intellettivo. Algoritmi studiati per compiacere i nostri gusti, cuciti su misura. Siamo quello che pensiamo, ma non dobbiamo essere quello che vogliono farci pensare.
E l’informazione diventa un brusio di fondo annullata dalla sua diffusione incontrollata, è un Essere Nero, è la mancanza di colore, è silenzio, è zero assoluto.
“What I Want” è una serie di disegni, ogni pezzo una lettera, ciascuna stampa una figura. Quello che voglio, quello che penso lo ottengo solo con il giusto ordine degli elementi. La stessa disciplina nel decifrare i sette esseri blu dal capo chino, emblema e firma della mostra, sbracciarsi silenziosi: “Dio è il mio giudice”, l’etimologia del nome Daniele in ebraico, gridano in alfabeto semaforico. Come riceventi siamo chiamati per nome a trasformare il significante in significato.
Le sculture di Rocci rappresentano moderni centauri confinati all’interno dei propri pensieri. Sono creature al limite tra artificio e bestialità che rispecchiano un mondo soggiogato da un ubiquo burattinaio invisibile: le visioni di Matrix sembrano prendere forma. Il mondo che abbiamo ogni giorno sotto gli occhi è reale, ma quello che viviamo è frutto di un’apparenza costruita ad hoc. E a noi, spettatori e attori, il compito di porci degli interrogativi, di far correre la mente, elaborare i concetti e pensare…fino a connetterci al Source Code, il Codice Sorgente. (Testo di Gaia Conti)
Italo Calvino
La conoscenza è in via di estinzione. Dalla nascita del pensiero critico, mirabilmente spiegata per immagini nel capolavoro cinematografico “2001: Odissea nello spazio”, ne è passato di tempo. Un monolite nero appare misteriosamente, la conoscenza viene infusa, il capo degli ominidi usa gli strumenti che ha a disposizione come arma – probabilmente la scena filmica più potente e famosa di sempre. Migliaia di anni più tardi, ora, la disponibilità di nuove tecnologie crea un fenomeno di sovra-informazione che tende all’ibridazione del pensiero. Il vuoto. L’omologazione. E le visioni di Daniele Rocci sono pronte a materializzarsi.
Esseri mutanti, benvenuti. I protagonisti della prima personale dell’artista alla galleria Romberg sono attori in un mondo parallelo di forme primordiali. L’universo di Daniele è affollato di strane creature colorate, plasmate da un materiale leggero e difficilmente controllabile come la schiuma di poliuretano espanso. Un materiale inusuale, solitamente impiegato in edilizia come isolante, che lui padroneggia per “disegnare nell’aria” una folla di ominidi di diverse stature. Nascono con un animo in tondino di ferro e un corpo evanescente, come esseri “trasversali” che animano i pensieri e i sogni dell’artista.
Sono cittadini di un’umanità imperfetta. Immobili. Tecnologici e allo stesso tempo analogici. Senza parole, ma con molto da dire. Abitano quel “villaggio globale” teorizzato dallo studioso canadese Marshall McLuhan, nel quale l’informazione è portata capillarmente da una parte all’altra del globo. Ecco gli “RGB” – Red/Green/Blue – come il codice colore che ci permette di vedere le immagini al computer. Un piccolo esercito di creature sconnesse, il cui cavo è, appunto, scollegato da quella stessa rete di informazioni che si muove a velocità neuronale, eliminando ogni sforzo intellettivo. Algoritmi studiati per compiacere i nostri gusti, cuciti su misura. Siamo quello che pensiamo, ma non dobbiamo essere quello che vogliono farci pensare.
E l’informazione diventa un brusio di fondo annullata dalla sua diffusione incontrollata, è un Essere Nero, è la mancanza di colore, è silenzio, è zero assoluto.
“What I Want” è una serie di disegni, ogni pezzo una lettera, ciascuna stampa una figura. Quello che voglio, quello che penso lo ottengo solo con il giusto ordine degli elementi. La stessa disciplina nel decifrare i sette esseri blu dal capo chino, emblema e firma della mostra, sbracciarsi silenziosi: “Dio è il mio giudice”, l’etimologia del nome Daniele in ebraico, gridano in alfabeto semaforico. Come riceventi siamo chiamati per nome a trasformare il significante in significato.
Le sculture di Rocci rappresentano moderni centauri confinati all’interno dei propri pensieri. Sono creature al limite tra artificio e bestialità che rispecchiano un mondo soggiogato da un ubiquo burattinaio invisibile: le visioni di Matrix sembrano prendere forma. Il mondo che abbiamo ogni giorno sotto gli occhi è reale, ma quello che viviamo è frutto di un’apparenza costruita ad hoc. E a noi, spettatori e attori, il compito di porci degli interrogativi, di far correre la mente, elaborare i concetti e pensare…fino a connetterci al Source Code, il Codice Sorgente. (Testo di Gaia Conti)
Luoghi
www.rombergartecontemporanea.4ormat.com 0773 604788
Piano terra + 17° piano / grattacielo Baccari - Orario: lun-sab 16- 19,30 mattina su appuntamento