Christopher Michlig: Processed world
In questa sua seconda personale in galleria, l’artista si cimenta, per la prima volta con un gruppo di opere sorprendentemente figurative. Accantonando l’astrattismo dei che ha caratterizzato sino ad ora il suo lavoro, l’artista di origine californiana prosegue la sua indagine sul linguaggio concentrandosi ora sul paradosso contemporaneo della comunicazione. Alla base di questo nuovo corpus c’è una sorta di volontà anarchica che si evidenzia soprattutto in lavori che presentano una spiccata e, a volte, contradditoria complessità compositiva unita ad un forte contenuto concettuale.
Michlig vuole combinare il linguaggio figurato in modo contraddittorio costringendo, in un certo senso la storia a fare a pugni con se stessa.
Come nel gioco del Telefono senza fili il messaggio, sussurrato da un orecchio all’alto dei giocatori cambia fino a risultare, alla fine, completamente distorto così, in una serie di lavori allineati il cui soggetto sembra ripetersi identico, tra il primo e l’ultimo il contenuto è mutato. In una società iper-connessa come quella in cui siamo immersi dove le informazioni sono immediatamente accessibili, raramente verificate e ossessivamente condivise, sembra non si possa impedirne la progressiva distorsione.
Michlig riesce a comunicarlo in modo molto efficace sovrapponendo e ritagliando più strati di stampe da cui risultano forme identiche ma con pattern uno diverso dall’altro che gli offrono la possibilità di giocare, nella composizione del soggetto, su più livelli contemporaneamente. E’ come se avessimo la possibilità di guardare, in una pellicola fotografica, il negativo che rivela il fondo e allo stesso tempo il positivo in cui il secondo piano risulta mescolato e, a volte, rimosso completamente. Serigrafie in bianco e nero si stagliano in contrastano sui sfondi dai colori fluorescenti tipici dei cartelloni pubblicitari californiani. Architetture razionaliste e postmoderne si alternano a tecnologie vetuste quali radio cellulari telefoni a gettoni in una sorta di catalogo ragionato di quelle che sono ormai, nel nostro immaginario collettivo, icone stabili della cultura e civiltà contemporanea.
Michlig vuole combinare il linguaggio figurato in modo contraddittorio costringendo, in un certo senso la storia a fare a pugni con se stessa.
Come nel gioco del Telefono senza fili il messaggio, sussurrato da un orecchio all’alto dei giocatori cambia fino a risultare, alla fine, completamente distorto così, in una serie di lavori allineati il cui soggetto sembra ripetersi identico, tra il primo e l’ultimo il contenuto è mutato. In una società iper-connessa come quella in cui siamo immersi dove le informazioni sono immediatamente accessibili, raramente verificate e ossessivamente condivise, sembra non si possa impedirne la progressiva distorsione.
Michlig riesce a comunicarlo in modo molto efficace sovrapponendo e ritagliando più strati di stampe da cui risultano forme identiche ma con pattern uno diverso dall’altro che gli offrono la possibilità di giocare, nella composizione del soggetto, su più livelli contemporaneamente. E’ come se avessimo la possibilità di guardare, in una pellicola fotografica, il negativo che rivela il fondo e allo stesso tempo il positivo in cui il secondo piano risulta mescolato e, a volte, rimosso completamente. Serigrafie in bianco e nero si stagliano in contrastano sui sfondi dai colori fluorescenti tipici dei cartelloni pubblicitari californiani. Architetture razionaliste e postmoderne si alternano a tecnologie vetuste quali radio cellulari telefoni a gettoni in una sorta di catalogo ragionato di quelle che sono ormai, nel nostro immaginario collettivo, icone stabili della cultura e civiltà contemporanea.
Luoghi
www.giuseppepero.it.it 02 66823916
orario: Lun-ven 14.00-19.00 Sabato su appuntamento