Christine Kettaneh “Hayat”
Christine Kettaneh
(Vincitrice dei seguenti premi: ORA, AOMI OKABE TOKYO, ARTE LAGUNA ed il premio speciale “artist in gallery” a VENEZIA)
“Nonostante il nostro cervello evoluto, rimaniamo ignoranti in scala macroscopica. Noi siamo, come le formiche, solamente consci delle nostre micro decisioni – costruire questo o quello, spostarci da qui a lì – e dei loro effetti immediati sulle nostre viteComunque esattamente queste decisioni prese con coscienza contribuiscono a lungo termine ad un comportamento globale, come quello di una colonia di formiche, un’intelligenza “emergente”, impossibile per noi da percepire immediatamente.
La nostra realtà risiede nei nostri artefatti culturali e nei detriti storici, quindi prodotti di un complesso percorso macroscopico; ma possiamo solo provare ed interagire con la realtà a livello locale, microscopico. Ragion per cui, osservando attentamente la vita a casa o per strada, abbiamo una sensazione di alienazione – per una mancanza di corrispondenza in scala tra ciò che incontriamo e come ci interagiamo. La sensazione è anche dovuta ad una corrispondenza mancata tra ciò che sappiamo e ciò che percepiamo. La nostra realtà è un prodotto che va oltre la storia quindi la nostra conoscenza non è mai all’altezza. Definire un oggetto o un sistema solo in base alla loro storia potrebbe solo limitarli. Probabilmente dovremmo fidarci della nostra esperienza immediata, il nostro rodente senso di alienazione, per raggiungere una comprensione più completa.
Nel mio lavoro, c’è sempre una relazione con la “materia quotidiana”. Nei progetti presentati da Gagliardi e Domke, esploro il sapone sul mio lavandino, le formiche nel mio giardino, lo zucchero sul mio tavolo da cucina e il linguaggio dalla mia bocca. La mia ricerca, come sempre, comprende un’inchiesta sul linguaggio. C’è un dimenticarsi temporaneamente del significato quando nutro le formiche con l’alfabeto e quando sospendo la mia ricerca sull’origine di Hayat, il sapone. Solo per riprendere ad usare le parole come inneschi rituali per scoprire le possibilità più metaforiche del sentire, toccare e baciare.
Smell me, Touch me, Kiss me
Mio padre aveva creato un orto meraviglioso, ma partì prima che le piante avessero dato i loro frutti. Dopo il suo decimo anniversario mi recai al suo giardino per cercarlo. Per oltre due mesi preparai e servii le lettere di zucchero al giardino. Le formiche risposero. Quando una formica trovava una lettera, marcava con un profumo il percorso verso il nido così che altre formiche potessero seguirne la traccia. Quando una formica incontrava un’altra, si “sentivano” con le loro antenne; a quel punto si baciavano e si recitavano le lettere liquide a vicenda. Attraverso questa intelligenza emergente, le formiche si auto-organizzavano per portarne il significato di punto in punto, trasformando il suolo in una miniera di profumi, contatti e baci.
Hayat
“Hayat” è la mia risposta personale ad una vecchia pubblicità degli anni 50 di un “saboon baladi” (tradizionale sapone libanese) chiamato Hayat. Sulla pubblicità era raffigurata una mano che teneva il sapone con le punte delle dita in modo leggero ed elegante, completamente l’opposto di come si “prende” un mattone grezzo come i “saboon baladi”. Mi son chiesta se è stato il nome Hayat, che in arabo significa vita a permettere una divergenza simile. Ho esplorato vari modi di portare Hayat, provando nel percorso che c’è un linguaggio nella vita e una vita nel linguaggio”
(Vincitrice dei seguenti premi: ORA, AOMI OKABE TOKYO, ARTE LAGUNA ed il premio speciale “artist in gallery” a VENEZIA)
“Nonostante il nostro cervello evoluto, rimaniamo ignoranti in scala macroscopica. Noi siamo, come le formiche, solamente consci delle nostre micro decisioni – costruire questo o quello, spostarci da qui a lì – e dei loro effetti immediati sulle nostre viteComunque esattamente queste decisioni prese con coscienza contribuiscono a lungo termine ad un comportamento globale, come quello di una colonia di formiche, un’intelligenza “emergente”, impossibile per noi da percepire immediatamente.
La nostra realtà risiede nei nostri artefatti culturali e nei detriti storici, quindi prodotti di un complesso percorso macroscopico; ma possiamo solo provare ed interagire con la realtà a livello locale, microscopico. Ragion per cui, osservando attentamente la vita a casa o per strada, abbiamo una sensazione di alienazione – per una mancanza di corrispondenza in scala tra ciò che incontriamo e come ci interagiamo. La sensazione è anche dovuta ad una corrispondenza mancata tra ciò che sappiamo e ciò che percepiamo. La nostra realtà è un prodotto che va oltre la storia quindi la nostra conoscenza non è mai all’altezza. Definire un oggetto o un sistema solo in base alla loro storia potrebbe solo limitarli. Probabilmente dovremmo fidarci della nostra esperienza immediata, il nostro rodente senso di alienazione, per raggiungere una comprensione più completa.
Nel mio lavoro, c’è sempre una relazione con la “materia quotidiana”. Nei progetti presentati da Gagliardi e Domke, esploro il sapone sul mio lavandino, le formiche nel mio giardino, lo zucchero sul mio tavolo da cucina e il linguaggio dalla mia bocca. La mia ricerca, come sempre, comprende un’inchiesta sul linguaggio. C’è un dimenticarsi temporaneamente del significato quando nutro le formiche con l’alfabeto e quando sospendo la mia ricerca sull’origine di Hayat, il sapone. Solo per riprendere ad usare le parole come inneschi rituali per scoprire le possibilità più metaforiche del sentire, toccare e baciare.
Smell me, Touch me, Kiss me
Mio padre aveva creato un orto meraviglioso, ma partì prima che le piante avessero dato i loro frutti. Dopo il suo decimo anniversario mi recai al suo giardino per cercarlo. Per oltre due mesi preparai e servii le lettere di zucchero al giardino. Le formiche risposero. Quando una formica trovava una lettera, marcava con un profumo il percorso verso il nido così che altre formiche potessero seguirne la traccia. Quando una formica incontrava un’altra, si “sentivano” con le loro antenne; a quel punto si baciavano e si recitavano le lettere liquide a vicenda. Attraverso questa intelligenza emergente, le formiche si auto-organizzavano per portarne il significato di punto in punto, trasformando il suolo in una miniera di profumi, contatti e baci.
Hayat
“Hayat” è la mia risposta personale ad una vecchia pubblicità degli anni 50 di un “saboon baladi” (tradizionale sapone libanese) chiamato Hayat. Sulla pubblicità era raffigurata una mano che teneva il sapone con le punte delle dita in modo leggero ed elegante, completamente l’opposto di come si “prende” un mattone grezzo come i “saboon baladi”. Mi son chiesta se è stato il nome Hayat, che in arabo significa vita a permettere una divergenza simile. Ho esplorato vari modi di portare Hayat, provando nel percorso che c’è un linguaggio nella vita e una vita nel linguaggio”