Chiara Lecca "Retroterra"
Non è soltanto il territorio di appartenenza che ci unisce a Chiara Lecca: come il nostro museo è legato ad una forte identità famigliare, così il lavoro dell’artista da sempre affonda le proprie radici e definisce la propria cifra stilistica nella vita e nel lavoro della propria famiglia. Due appartenenze e due identità culturali che in questa occasione si incontrano, fondendo le atmosfere del vecchio studio-laboratorio di Carlo Zauli alle composizioni scultoree e alle installazioni estremamente eterogenee che Chiara Lecca mette in scena per l’occasione.
La poetica di Chiara Lecca viaggia lungo una storia che non accetta definizioni; nel bene e nel male, nella critica e nella cronaca, le sue opere amano far parlare di sé per la loro capacità di sconvolgimento della realtà per far riaffiorare l’atavica animalità dell’uomo allo scopo di riprogrammarne l’identità. Il suo fare arte diventa una sorta di gesto amorevole e pietoso allo stesso tempo, per aiutare il destino dell’uomo a compiersi. Il suo “atto” è la fine benevola di colei che può essere vista come l’ultima madre dove anche un lacerto animale giunto alla fine del suo ciclo di vita è un corpo che può ancora mediare una funzione comunicativa capace di far affiorare la nostra storia, la nostra origine, abbattendo quella maschera di antropocentrismo e restituendo all’altro (l’animale) un volto che non abbiamo mai realmente guardato. Decontestualizzando oggetti e materiali dal loro uso e ambiente, Chiara Lecca realizza “nature morte” che si presentano a noi nelle loro forme più affascinanti e rassicuranti come possono essere i fiori recisi o colonne marmorizzate ma, come diceva Eraclito, “la natura delle cose ama celarsi”. Occorre infatti aprire bene gli occhi e sgomberare la mente da falsi pregiudizi per trovare l’intima natura della cose. Man mano che ci avviciniamo e guardiamo le sue opere, si rivelano dinnanzi a noi elementi che sovvertono le convenzioni estetiche ed etiche, destabilizzando le nostre coscienze, creando un dissacratorio cortocircuito tra bellezza e morte
La sensibilità nel trattare i materiali del suo fare arte fa emergere la parte irrazionale di tutti noi dove le dicotomie tra naturale e artificiale, organico e inorganico, convivono in un unico teatro di natura.
Le opere di Chiara Lecca delineano i contorni dell’animalità umana e quel che abbiamo tagliato e tagliamo fuori da noi stessi ogni giorno, per poterci definire umani, e creano uno stato di tensione collettiva mostrandoci aspetti scomodi e pungenti che però possono risvegliare la dimensione istintiva e pulsionale dell’uomo.
Estratti dal testo di Sabrina Samorì “Teatro di Natura” edito in occasione della mostra “Chiara Lecca. A fior di pelle” presso Collezioni Comunali d’Arte promossa da Istituzione Bologna Musei, 2017
La poetica di Chiara Lecca viaggia lungo una storia che non accetta definizioni; nel bene e nel male, nella critica e nella cronaca, le sue opere amano far parlare di sé per la loro capacità di sconvolgimento della realtà per far riaffiorare l’atavica animalità dell’uomo allo scopo di riprogrammarne l’identità. Il suo fare arte diventa una sorta di gesto amorevole e pietoso allo stesso tempo, per aiutare il destino dell’uomo a compiersi. Il suo “atto” è la fine benevola di colei che può essere vista come l’ultima madre dove anche un lacerto animale giunto alla fine del suo ciclo di vita è un corpo che può ancora mediare una funzione comunicativa capace di far affiorare la nostra storia, la nostra origine, abbattendo quella maschera di antropocentrismo e restituendo all’altro (l’animale) un volto che non abbiamo mai realmente guardato. Decontestualizzando oggetti e materiali dal loro uso e ambiente, Chiara Lecca realizza “nature morte” che si presentano a noi nelle loro forme più affascinanti e rassicuranti come possono essere i fiori recisi o colonne marmorizzate ma, come diceva Eraclito, “la natura delle cose ama celarsi”. Occorre infatti aprire bene gli occhi e sgomberare la mente da falsi pregiudizi per trovare l’intima natura della cose. Man mano che ci avviciniamo e guardiamo le sue opere, si rivelano dinnanzi a noi elementi che sovvertono le convenzioni estetiche ed etiche, destabilizzando le nostre coscienze, creando un dissacratorio cortocircuito tra bellezza e morte
La sensibilità nel trattare i materiali del suo fare arte fa emergere la parte irrazionale di tutti noi dove le dicotomie tra naturale e artificiale, organico e inorganico, convivono in un unico teatro di natura.
Le opere di Chiara Lecca delineano i contorni dell’animalità umana e quel che abbiamo tagliato e tagliamo fuori da noi stessi ogni giorno, per poterci definire umani, e creano uno stato di tensione collettiva mostrandoci aspetti scomodi e pungenti che però possono risvegliare la dimensione istintiva e pulsionale dell’uomo.
Estratti dal testo di Sabrina Samorì “Teatro di Natura” edito in occasione della mostra “Chiara Lecca. A fior di pelle” presso Collezioni Comunali d’Arte promossa da Istituzione Bologna Musei, 2017
Luoghi
www.museozauli.it 0546 22123
Dal martedì al sabato: dalle 10.00 alle 13.00, domenica: solo su appuntamento, lunedì: chiuso.