Beppe Carrino - Stazione del silenzio

L'arte dell'Occidente da tempo contaminata e sempre più permeata da concetti e da pratiche “altre”, di culture diverse, lontane nel tempo e nello spazio, tesse quel necessario dialogo tra questi mondi diversi, un dialogo che sarà certamente il tema più importante del futuro e non solo. 

Cerco di creare qualcosa che non abbia bisogno di spiegazioni: come la pioggia che cade, l'albero in fiore.
I materiali che adopero, ancor prima di essere manipolati, hanno già una loro identità, una loro storia. A partire da questo momento inizia la ricerca della “nota” giusta per accordarmi con loro. 
Nella non breve frequentazione con il bambù ho imparato ad apprezzarne la dirittura, la bellezza del suo slancio verso il cielo, la forza unita alla leggerezza, così della tela bianca ho appreso la luminosa purezza, il rigore della trama, la sensuale morbidezza. Il bambù naturale, maschile in qualche modo vivente. La tela riciclata da vecchie lenzuola, vissuta, così femminile, materna.
L'intervento di manipolazione tende a coniugare, senza forzature, potenzialità e limiti dei materiali stessi. Nel tempo essi hanno assunto una molteplicità di forme, si sono conformati sempre di più alle mie esigenze espressive, ed io, nel contempo, devo aver interiorizzato qualcosa di loro. 
Nel mio lavoro s'incontrano il “naturale” , le piccole storie individuali, l'esigenza di raccontare, di ritrovare un filo, un nesso tra le cose, un senso al pur sempre misterioso manifestarsi della natura e i segni dell'uomo sempre più inquietante espressione della complessità tecnologica. Le forme generate dall'intreccio delle lunghe strisce di tela bianca sopra strutture a graticcio ottenute con il bambù, mostrano una propria dimensione temporale fatta di precisi ritmi scanditi dal battito del cuore e da un respiro lieve e profondo.