Benedetto Di Francesco "Affari di Famiglia"
A cura di: Italo Bergantini e Gianluca Marziani
Benedetto Di Francesco armeggia con la cultura antropologica dei suoi territori d’origine. Ecco la Sicilia dei riti pagani, della ceramica di Caltagirone, degli affreschi barocchi, dei mosaici cosmogonici, del colore che sembra implodere come un succo di solarità metafisica. Ecco la Sicilia dei rituali culinari, dei dolci che somigliano a sculture policrome, del cielo blu che illumina gli intonaci e le cattedrali, dell’archeologia con le silhouette di una Grecia antica e i profumi di agrumi turgidi. Ecco la Sicilia delle vedove in nero, delle famiglie numerose, dell’ospitalità avvolgente, della Bellezza tumultuosa e selvaggia. Ecco gli echi radianti di quella Sicilia, ricuciti in nuove forme, nello sguardo metabolico di Benedetto Di Francesco.Pittura e scultura si uniscono nel dialogo polimorfo che attraversa le radici d’appartenenza: è uno spazio narrativo che racconta fiabe visive tra famiglia e superstizione, culture pagane e fede cristiana, detti popolari e intuizioni surreali. Un meccanismo che si divincola dai generi canonici ma anche da certi limiti retorici, prendendo molto dalla propria Terra ma con una modalità che ricombina e reinventa ogni possibile riferimento, che sia letterario, religioso o di estrazione popolare.
Le opere sono porte che si aprono verso mondi verticali, salite o discese nei privati inferni o nei lontani paradisi della coscienza. Il gioco lo conducono mamme e figli, al centro di uno sguardo modernamente tribale, puro succo italiano di realismo popolare e onestà sociologica. Sono loro i poli dialettici di una conversazione a più voci e molte visioni, un intreccio pagano in cui compaiono spiriti incendiari, diavoli, fauni… nulla è solo come sembra, le apparenze ingannano ma dicono molto di un artista che intuisce il controsenso e il cortocircuito, che modula le culture popolari in maniera attuale e sapiente, che parte da un trittico ad olio su tela del 2004 per giungere alla declinazione polimaterica di questa mostra.
Di Francesco mantiene vivo il senso teatrale della sua figurazione. Enfatizza angoli, deforma senza sformare, aumenta il volume scenico per creare un teatro domestico, ironico, letterario. Scorre una lontana vertigine barocca, un sangue caldo che digerisce l’apparato antropologico nel dizionario fluido del presente.
Salvami Mamma si legge nel titolo di un’opera… una frase che apre e chiude idealmente la mostra, un perfetto archetipo che ci rende spettatori dinamici del teatro figurativo di Benedetto Di Francesco.
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