Antonio Miano. Sguardi dal secolo breve
A cura di: Arianna Sartori - testo di Francesca Pensa
Camille Claudel, Borges, Beckett, Modigliani, Jeanne Hebuterne il poeta Dylan Thomas, Kerouac e altri ancora appartengono alla nuova galleria di ritratti che Antonio Miano ha dipinto con esasperazioni crude di un controllato espressionismo addensato di colore.
Ritorna, nell’opera di Miano, la centralità del ritratto inteso sia “come matrice di una mitologia contemporanea” (G. Ossola) sia, in senso più ampio, come “fantasia creativa che porta al centro della molteplice rappresentazione umana” (F. Buzio Negri).
“Sono volti deturpati dal segno scattante e deciso, come se in esso si esprimesse la traccia profonda di una rapinosa malattia più dell’anima che della carne. (C. Zanini).
Questa nuova serie di ritratti, del contemporaneo, accende l’interesse dello spettatore grazie all’energia evocatrice che caratterizza ciascun opera della presente esposizione.
“La concretezza figurativa dei ritratti qui presentati scaturisce dal forte realismo di cui sono pregni, ottenuto dall’artista per mezzo di pennellate essenziali e drammatiche nonché grazie ai nuovi accostamenti cromatici che sembrano “inaugurare” una nuova fase della ricerca pittorica di Miano.
Da questa particolare poetica deriva la successiva produzione dell’artista, dedicata al tema del ritratto, suggerito da una fotografia, che risulta trasfigurata da una pittura che, abbandonata la politezza iconica dei lavori precedenti, arriva a un carattere maggiormente espressivo, nel quale la certezza visiva della riproduzione fotografica subisce una rilettura condizionata da una visione partecipata e soggettiva.
Miano costruisce così una straordinaria galleria di ritratti, ispirati a personaggi celebri della nostra storia più recente, come artisti, poeti e musicisti, scelti dal pittore attraverso una emozionata sintonia visiva, che però sottende anche una affinità esistenziale: e così ogni ritratto, oltre a definire un catalogo di miti della modernità, racconta una parte della biografia dell’artista, che in questi nuovi eroi, dalla vita spesso incerta e tormentata, riconosce una parte di se stesso.
Le fisionomie dei volti cominciano adesso a sfumarsi e a decantarsi in una visione sintetica, nella quale prendono il sopravvento sulla mimesis pittorica colori innaturali e segni decisi, generati da una approfondita rivisitazione mentale.
Dai ritratti Miano passa quindi alle opere più recenti, la cui genesi compositiva trova la sua ragione ancora nel realismo dell’immagine fotografica, che però muta e si declina in narrazione densa di venature più esplicitamente autobiografiche.
Le dimensioni dei dipinti cambiano, arrivando a misure notevoli, che permettono il complicarsi del messaggio, arricchito da elementi diversi, che diventano frammenti di un racconto interpretabile solo intuitivamente, al di là di ogni logica o consuetudine narrativa.
Nella grande tela intitolata 22 febbraio, vediamo riunite varie immagini, quali il ritratto di un bambino, quello di una donna, un quasi intellegibile marinaio, un cervo, un polpo, una camicia di forza: ogni icona allude un significato simbolico legato alla biografia dell’artista, qui evocata attraverso il ricordo di un’infanzia trascorsa tra inquietudini assimilate a piovre dai tentacoli giganteschi e fierezze tipiche di animali nobili e solitari. La forma pittorica concorre alla dimensione espressiva della narrazione, rendendola partecipata attraverso una pennellata che descrive il percorso creativo dell’artista e che pare dettata da un’urgenza comunicativa placata solo dal risultato finale fissato sulla tela.
Altri frammenti di una memoria visiva che si intride di ricordo esistenziale emergono nella Moto di Lawrence d’Arabia e nei due impermeabili di Humphrey Bogart e di Jack Kerouac, opere che valgono come esempio del meccanismo poetico messo in atto da Miano, segnato dalle affinità elettive con le vite di questi personaggi.
Coerente in tutta questa serie di lavori è poi l’effetto finale della composizione pittorica, che vive di atmosfere caliginose e plumbee, ottenute con una tavolozza che frequentemente attinge al grigio, sul quale possono però squillare, come in una pausa vitale, timbri contrastanti.
Non mancano poi citazioni più colte, come nei quarti di bue ispirati all’arte di Francis Bacon o come nella rivisitazione del Fauno Barberini di Monaco di Baviera, testimonianze di come la memoria di un artista risulti sempre segnata, oltre che dai ricordi della vita vissuta, anche dalle immagini che lo sguardo incontra nel tempo dell’esistenza.
L’opera di Antonio Miano, pittore che nel nostro liceo ha lungamente insegnato scultura, si propone quindi attraverso un interessante percorso, che riflette le temperie dell’arte più recente, dall’ultimo novecento a oggi”.
Francesca Pensa
Ritorna, nell’opera di Miano, la centralità del ritratto inteso sia “come matrice di una mitologia contemporanea” (G. Ossola) sia, in senso più ampio, come “fantasia creativa che porta al centro della molteplice rappresentazione umana” (F. Buzio Negri).
“Sono volti deturpati dal segno scattante e deciso, come se in esso si esprimesse la traccia profonda di una rapinosa malattia più dell’anima che della carne. (C. Zanini).
Questa nuova serie di ritratti, del contemporaneo, accende l’interesse dello spettatore grazie all’energia evocatrice che caratterizza ciascun opera della presente esposizione.
“La concretezza figurativa dei ritratti qui presentati scaturisce dal forte realismo di cui sono pregni, ottenuto dall’artista per mezzo di pennellate essenziali e drammatiche nonché grazie ai nuovi accostamenti cromatici che sembrano “inaugurare” una nuova fase della ricerca pittorica di Miano.
Da questa particolare poetica deriva la successiva produzione dell’artista, dedicata al tema del ritratto, suggerito da una fotografia, che risulta trasfigurata da una pittura che, abbandonata la politezza iconica dei lavori precedenti, arriva a un carattere maggiormente espressivo, nel quale la certezza visiva della riproduzione fotografica subisce una rilettura condizionata da una visione partecipata e soggettiva.
Miano costruisce così una straordinaria galleria di ritratti, ispirati a personaggi celebri della nostra storia più recente, come artisti, poeti e musicisti, scelti dal pittore attraverso una emozionata sintonia visiva, che però sottende anche una affinità esistenziale: e così ogni ritratto, oltre a definire un catalogo di miti della modernità, racconta una parte della biografia dell’artista, che in questi nuovi eroi, dalla vita spesso incerta e tormentata, riconosce una parte di se stesso.
Le fisionomie dei volti cominciano adesso a sfumarsi e a decantarsi in una visione sintetica, nella quale prendono il sopravvento sulla mimesis pittorica colori innaturali e segni decisi, generati da una approfondita rivisitazione mentale.
Dai ritratti Miano passa quindi alle opere più recenti, la cui genesi compositiva trova la sua ragione ancora nel realismo dell’immagine fotografica, che però muta e si declina in narrazione densa di venature più esplicitamente autobiografiche.
Le dimensioni dei dipinti cambiano, arrivando a misure notevoli, che permettono il complicarsi del messaggio, arricchito da elementi diversi, che diventano frammenti di un racconto interpretabile solo intuitivamente, al di là di ogni logica o consuetudine narrativa.
Nella grande tela intitolata 22 febbraio, vediamo riunite varie immagini, quali il ritratto di un bambino, quello di una donna, un quasi intellegibile marinaio, un cervo, un polpo, una camicia di forza: ogni icona allude un significato simbolico legato alla biografia dell’artista, qui evocata attraverso il ricordo di un’infanzia trascorsa tra inquietudini assimilate a piovre dai tentacoli giganteschi e fierezze tipiche di animali nobili e solitari. La forma pittorica concorre alla dimensione espressiva della narrazione, rendendola partecipata attraverso una pennellata che descrive il percorso creativo dell’artista e che pare dettata da un’urgenza comunicativa placata solo dal risultato finale fissato sulla tela.
Altri frammenti di una memoria visiva che si intride di ricordo esistenziale emergono nella Moto di Lawrence d’Arabia e nei due impermeabili di Humphrey Bogart e di Jack Kerouac, opere che valgono come esempio del meccanismo poetico messo in atto da Miano, segnato dalle affinità elettive con le vite di questi personaggi.
Coerente in tutta questa serie di lavori è poi l’effetto finale della composizione pittorica, che vive di atmosfere caliginose e plumbee, ottenute con una tavolozza che frequentemente attinge al grigio, sul quale possono però squillare, come in una pausa vitale, timbri contrastanti.
Non mancano poi citazioni più colte, come nei quarti di bue ispirati all’arte di Francis Bacon o come nella rivisitazione del Fauno Barberini di Monaco di Baviera, testimonianze di come la memoria di un artista risulti sempre segnata, oltre che dai ricordi della vita vissuta, anche dalle immagini che lo sguardo incontra nel tempo dell’esistenza.
L’opera di Antonio Miano, pittore che nel nostro liceo ha lungamente insegnato scultura, si propone quindi attraverso un interessante percorso, che riflette le temperie dell’arte più recente, dall’ultimo novecento a oggi”.
Francesca Pensa
Luoghi
0376.324260
Orario di apertura: 10.00-12.30 / 16.00-19.30. Chiuso festivi