Antonio Biasiucci e Nino Longobardi
che cosa tiene insieme Antonio Biasiucci e Nino Longobardi? nonostante la cittadinanza condivisa, i due presentano linguaggi e storie e propongono concetti e immagini a prima vista irriducibili, non omologabili a una visione del mondo comune. l'origine casertana non impedisce a biasiucci di essere a pieno titolo, come longobardi, un abitante dell'immaginario napoletano. ma, per l'appunto, non è napoli il legame che li espone qui a una prima esperienza di dialogo tra opposti. niente che sia antropologico e la totale assenza di colore: ecco le prime coordinate di un rapporto artistico che viene analizzato non per ciò che i linguaggi della pittura o della fotografia dicono o mostrano, ma per ciò che fanno e per come lo fanno. il linguaggio pittorico di longobardi è scarno, composto di bianchi e di grigi, quasi consunto dal trascorrere del tempo. tratta spesso la morte e i suoi resti fisici, ma non si scompone nella rappresentazione dell’evento. il nero profondo è per biasiucci l'inizio e la fine del processo di figurazione cui la rappresentazione fotografica tende per natura di linguaggio. anche nel suo caso però il risultato dell'immagine non si presenta formalizzandosi, bensì quasi come un passaggio del vivente, preso nell'incertezza della transizione del doppio senso tra animato e inanimato. la zona frequentata da longobardi e da biasiucci è un luogo di indecisione in cui si osserva l'apparire dell'umano come l'eterno ritorno di un'ipotesi necessaria, in alcuni casi suggestiva. il risultato finale per longobardi è un’opera che è tanto lineare quanto materica, di una materia essiccata, condensata e che sembra essersi prodotta direttamente dal proprio modello. così come nei calchi di pompei, la forma umana appare riempiendo i vuoti che i corpi stessi hanno lasciato sciogliendosi nella materia incandescente. per biasiucci questa volta alle prese anche con il ritratto, le sembianze dei visi, come quelle dei crani, delle pietre, dei pani e ora delle mozzarelle, sono fluttuazioni che vagano tra il nero e la luce e quando vengono in primo piano appaiono come sporgenze di un interno insondabile. la materia bianca e quella nera di longobardi e biasiucci condividono il medesimo destino ontologico, riempiendo di possibilità espressive, cioè di materie e di forme nude, le cavità vuote del realismo.
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