Antonella Capponi. Le Nid
A cura di: Ivana D'Agostino
Specialmente suggestivo, restaurato negli anni ’70 del secolo scorso con giusta misura per l’interessamento di Alberto Burri, alla cui sensibilità si deve il recupero della struttura architettonica, così umbra nella scansione pausata dello spazio e degli affreschi che gli si interrelano con altrettanta misura, l’Oratorio di San Crescentino a Morra, nei dintorni di Città di Castello ospita e si fa spazio espositivo per le opere scultoree di Antonella Capponi.
Nulla più delle sue installazioni si può immaginare adeguato alla dimensione metafisica del luogo. La sospensione del tempo che qui si percepisce, la naturale bellezza classica che si riverbera anche nei paesaggi intorno, trova suo giusto riscontro nell’opera che qui si mostra, Le nid, collocata nello spazio della chiesa insieme con altre due sue installazioni del 2004 facenti parte della serie dei Venti. Tralasciando queste ultime opere di cui già scrissi diffusamente e che, di fatto, documentano la coerenza dello sviluppo della ricerca di questa arista, è su Le nid che intendo concentrare l’attenzione. Sebbene la trasparenza e la sistematicità dell’uso di colle plastiche, usate per dare forma minimale e assoluta siano lo strumento consueto con cui prende corpo il pensiero sulla scultura di Antonella – comune pertanto a Le nid, come ai Venti ed altre opere che le hanno precedute – la filiazione concettuale di Le nid, la ricerca che ne sta all’origine si apparenta piuttosto alle due sfere del Giardino del Tempo, esposte a Villa Fassia a Gubbio nel 1993 e riproposte a Spello alla Mostra dei Maestri Umbri del 2007, e all’Amàca dei sogni impossibili del 2008, mostrata nello spazio esotico riservato alle piante africane della Serra delle Succulente di Ponte Felcino di Perugia.
Sono tra loro simili queste opere per la trasformazione alchemica a cui la Capponi sottopone la materia, sfilando in lunghissimi fili corde di nylon, che attorte in grandi forme rotonde simili a matasse, lungo cento infiniti chilometri di filo, simulano il divenire del tempo reale e il diverso trascorrere del tempo filosofico, intrecciati insieme nei grandi gomitoli delle sfere del Giardino del Tempo. Affine, sebbene ormai incline ad una preziosità di tramage che ci trasporta verso Le nid, è la lavorazione dell’Amàca dei sogni impossibili.
Splendida, destinata alla siesta, quando la vidi legata mollemente a due piante esotiche nell’altrettanto esotica ricostruzione d’ambiente di una vegetazione tropicale, si distendeva spettacolarmente ironica fingendosi trama di un tessuto, risolta in questo caso, invece, con la filatura a caldo della colla, operazione in cui Antonella Capponi ormai eccelle.
Da qui, ancor più complesso, con un lavoro paziente come lo fu quello delle Parche, ispirato forse anche a quanto avveniva nell’entourage dell’artista, quando, verso sera, “la sua casa diventava un laboratorio dove tutti cucivano, la mamma, il babbo, la sorella”, nasce l’installazione Le nid.
Lavorato come una coperta a filet, la sua forma esagonale ricorda i lati delle celle del favo e la silenziosa laboriosità femminile a cui si ispira, simile a quella delle api. Maestoso e leggero a un tempo nei suoi tre metri d’altezza, involucro protettivo e sacrale simile al manto della Madonna della Misericordia, a cui idealmente rimanda – nell’Oratorio di San Crescentino ce n’è peraltro un esemplare ad affresco di un pittore pierfrancescano -, l’installazione Le nid, secondo le stesse parole dell’artista risulta essere “uno spazio d’aria intimo”. Uno spazio-diaframma trasparente dalle superfici ricamate come un pizzo, ottenuto con sostanze collanti d’origine sintetica: oggetto metafisico come l’uovo della Pala Montefeltro, ma anche misura spaziale proiettata verso l’alto – l’esaedro è aperto in corrispondenza della base superiore -, e verso un intorno mistico, con cui comunica attraverso il lato frontale del poliedro che si apre come un sipario all’italiana.
E qui, nello spazio raccolto, dischiuso ai nostri occhi attraverso il velo di Le nid, protettivo come il manto della Madonna della Misericordia del Polittico di Piero della Francesca a cui allude, come si è detto, lo stesso affresco dell’ Oratorio, si alza il canto della soprano Sabrina Morena. Il Salve Mater, da lei cantato a cappella sulla musica di Roberto Hazon, un compositore contemporaneo recentemente scomparso, e l’abito che indossa a piedi scalzi, ideato dalla scultrice e realizzato a filet con lo stesso filato usato per Le nid, danno la misura del pensiero profondamente concettuale, e attualissimo, sotteso all’intera operazione; così che l’opera, chi interagisce con essa e la musica, nel più puro spirito sotteso alle avanguardie di tutti i tempi, costituiscano un unicum, capace di trasmettere un pensiero trasversale sull’arte, dotato di speciale concetto, e bellezza.
La Mostra gode dei Patrocini della Regione Umbria, della Provincia di Perugia, del Comune di Città di Castello, di Perugia 2019, città candidata Capitale europea della Cultura per i luoghi di Francesco d’Assisi e dell’Umbria.
Ivana D’Agostino
1 ottobre 2014
Nulla più delle sue installazioni si può immaginare adeguato alla dimensione metafisica del luogo. La sospensione del tempo che qui si percepisce, la naturale bellezza classica che si riverbera anche nei paesaggi intorno, trova suo giusto riscontro nell’opera che qui si mostra, Le nid, collocata nello spazio della chiesa insieme con altre due sue installazioni del 2004 facenti parte della serie dei Venti. Tralasciando queste ultime opere di cui già scrissi diffusamente e che, di fatto, documentano la coerenza dello sviluppo della ricerca di questa arista, è su Le nid che intendo concentrare l’attenzione. Sebbene la trasparenza e la sistematicità dell’uso di colle plastiche, usate per dare forma minimale e assoluta siano lo strumento consueto con cui prende corpo il pensiero sulla scultura di Antonella – comune pertanto a Le nid, come ai Venti ed altre opere che le hanno precedute – la filiazione concettuale di Le nid, la ricerca che ne sta all’origine si apparenta piuttosto alle due sfere del Giardino del Tempo, esposte a Villa Fassia a Gubbio nel 1993 e riproposte a Spello alla Mostra dei Maestri Umbri del 2007, e all’Amàca dei sogni impossibili del 2008, mostrata nello spazio esotico riservato alle piante africane della Serra delle Succulente di Ponte Felcino di Perugia.
Sono tra loro simili queste opere per la trasformazione alchemica a cui la Capponi sottopone la materia, sfilando in lunghissimi fili corde di nylon, che attorte in grandi forme rotonde simili a matasse, lungo cento infiniti chilometri di filo, simulano il divenire del tempo reale e il diverso trascorrere del tempo filosofico, intrecciati insieme nei grandi gomitoli delle sfere del Giardino del Tempo. Affine, sebbene ormai incline ad una preziosità di tramage che ci trasporta verso Le nid, è la lavorazione dell’Amàca dei sogni impossibili.
Splendida, destinata alla siesta, quando la vidi legata mollemente a due piante esotiche nell’altrettanto esotica ricostruzione d’ambiente di una vegetazione tropicale, si distendeva spettacolarmente ironica fingendosi trama di un tessuto, risolta in questo caso, invece, con la filatura a caldo della colla, operazione in cui Antonella Capponi ormai eccelle.
Da qui, ancor più complesso, con un lavoro paziente come lo fu quello delle Parche, ispirato forse anche a quanto avveniva nell’entourage dell’artista, quando, verso sera, “la sua casa diventava un laboratorio dove tutti cucivano, la mamma, il babbo, la sorella”, nasce l’installazione Le nid.
Lavorato come una coperta a filet, la sua forma esagonale ricorda i lati delle celle del favo e la silenziosa laboriosità femminile a cui si ispira, simile a quella delle api. Maestoso e leggero a un tempo nei suoi tre metri d’altezza, involucro protettivo e sacrale simile al manto della Madonna della Misericordia, a cui idealmente rimanda – nell’Oratorio di San Crescentino ce n’è peraltro un esemplare ad affresco di un pittore pierfrancescano -, l’installazione Le nid, secondo le stesse parole dell’artista risulta essere “uno spazio d’aria intimo”. Uno spazio-diaframma trasparente dalle superfici ricamate come un pizzo, ottenuto con sostanze collanti d’origine sintetica: oggetto metafisico come l’uovo della Pala Montefeltro, ma anche misura spaziale proiettata verso l’alto – l’esaedro è aperto in corrispondenza della base superiore -, e verso un intorno mistico, con cui comunica attraverso il lato frontale del poliedro che si apre come un sipario all’italiana.
E qui, nello spazio raccolto, dischiuso ai nostri occhi attraverso il velo di Le nid, protettivo come il manto della Madonna della Misericordia del Polittico di Piero della Francesca a cui allude, come si è detto, lo stesso affresco dell’ Oratorio, si alza il canto della soprano Sabrina Morena. Il Salve Mater, da lei cantato a cappella sulla musica di Roberto Hazon, un compositore contemporaneo recentemente scomparso, e l’abito che indossa a piedi scalzi, ideato dalla scultrice e realizzato a filet con lo stesso filato usato per Le nid, danno la misura del pensiero profondamente concettuale, e attualissimo, sotteso all’intera operazione; così che l’opera, chi interagisce con essa e la musica, nel più puro spirito sotteso alle avanguardie di tutti i tempi, costituiscano un unicum, capace di trasmettere un pensiero trasversale sull’arte, dotato di speciale concetto, e bellezza.
La Mostra gode dei Patrocini della Regione Umbria, della Provincia di Perugia, del Comune di Città di Castello, di Perugia 2019, città candidata Capitale europea della Cultura per i luoghi di Francesco d’Assisi e dell’Umbria.
Ivana D’Agostino
1 ottobre 2014
Luoghi
075/8554705
Orario d’apertura: tutti i giorni dalle 10,00 alle 13,00; dalle 15,30 alle 18,00 Dott.ssa Catia Cecchetti, Responsabile Museo del Duomo, Città di Castello