Anna Romanello | Domenico Pellegrino "Luci nella Città"
In questa occasione Anna Romanello propone delle opere inedite con le quali racconta la Città Eterna e i suoi luoghi che per l’artista “sono mondi di emozioni e spazi immaginali che all’improvviso si animano. Accade così che luce illumina la materia e la creatività scopre nuovi percorsi del segno e “scritture illeggibili” […] Nell’opera Ponte San Pietro, uno strappo cupo, ammantato di blu, naviga nell’aria con impudente bellezza. Intorno, tutto si elettrizza in turbini di segni. Arcate di colore sfidano le rotondità del ponte. Sullo sfondo, gli alberi e gli angeli sono presenze esili. In basso, una ragnatela di luce sembra un meteorite scagliato dal cielo. […] In Frantumi, il segno inchiostrato di colore tormenta la materia e insegue, furibondo, fratture e incavature. Indietreggiano le arcate del ponte e i versi graffiati dalla punta elettrica. Uno strappo volteggia alla deriva.” (Lori Falcolini)
Luci e ombre della città si intravedono nelle fotografie, i riflessi sono affiancati dalle incisioni sovrapposte dall’artista che testimoniano non solo il suo gesto creativo, ma anche il movimento e la direzione nello spazio. L’osservatore può, quindi, seguire con lo sguardo le “[…] tappe ideali di un itinerario di ricerca che l'artista porta avanti con impegno e passione da più di vent’anni, questi linguaggi artistici diversi permettono alla Romanello di proporre la propria visione del "genius loci" di una città antica interpretata con uno sguardo moderno, dove l'immagine fotografica scattata dell'artista viene trasformata in un caleidoscopio di forme e colori che ricorda i capolavori ironici e dissacranti dei dadaisti, dai collages di Raoul Hausmann ai rayogrammi di Man Ray, dai "merzbau" di Kurt Schwitters alle "boîtes en valise" di Marcel Duchamp.”(Ludovico Pratesi dal catalogo “Promenades romaines” del 2001)
All’inaugurazione una performance di Lea Walter dal titolo Romamor: la performance nasce a partire dalle poesie riemerse nelle trame delle opere di Anna Romanello e dal testo di Jean Rony "Romamor". Intrecciando le lingue, le parole e le voci che abitano il suo immaginario della città, Lea propone di seguirla lungo le vie di una topografia sentimentale.
Anche i lavori di Domenico Pellegrino mostrano la città tra passato e presente, ma in una chiave vivace, passionale e legata al vissuto. Le luminarie sono “Simboli eterni scolpiti nel legno”, a ricordare “la rinascita, la grazia della Santuzza dopo la peste, la luce dopo l’oblio”. Così Domenico Pellegrino, artista e designer palermitano, racconta le sue luminarie, quelle che da secoli adornano le città del Sud Italia, durante le feste religiose e patronali. Pellegrino ne ha fatto il leit- motiv di alcuni progetti recenti: omaggi alla propria terra e a quei riti che scandiscono il tempo sacro e profano di una socialità popolare, tra sagre, processioni, prospetti barocchi, giostre, lustrini, edicole votive, insegne strobo ed altarini accesi.
Mischiando tavolozze di colori mediterranei, oggetti cult del profondo Sud, umori e rumori di vicoli affollati, sagome di cuori come ex voto-giocattolo, decori di carretti siciliani, profumi di street food e distese assolate, Pellegrino ha sfornato una collezione di oggetti impreziositi da file di lampadine e volute variopinte: luminarie impossibili, che incrociano reperti del quotidiano nel segno di un allegro folk contemporaneo E infine, la Sicilia. L’isola, semplicemente. Che Pellegri- no trasforma in un radioso gioiello over size. Disegnata con le celebri lampadine di strada, è un concentrato di memorie estetiche e poetiche, icona delle icone, tirata giù dagli addobbi di una parata sacra e resuscitata come reperto di fiaba. Si narra anche della “Sicilia terra di leggende, dove si fondono vita, orgoglio, amore e morte. Dove si incrociano popola- zioni diverse, dove tradizioni tra loro lontane si intrecciano per formare nuove narrazioni. Sicilia terra di stranezze, tra il magico e il macabro, il religioso e il profano. “A-mori” di Domenico Pellegrino esalta l’isola con il suo immaginario anti- co ed incredibilmente contemporaneo.” (Alba Romano Pace)
Così, le tematiche sono anche attuali: come dice l’artista la sua isola è ormai “simbolo dell’accoglienza e dell’integrazione”. Attraverso la leggenda si raccontano gli scontri tra culture diverse e si lanciano messaggi di comprensione reciproca e solidarietà.
Luci e ombre della città si intravedono nelle fotografie, i riflessi sono affiancati dalle incisioni sovrapposte dall’artista che testimoniano non solo il suo gesto creativo, ma anche il movimento e la direzione nello spazio. L’osservatore può, quindi, seguire con lo sguardo le “[…] tappe ideali di un itinerario di ricerca che l'artista porta avanti con impegno e passione da più di vent’anni, questi linguaggi artistici diversi permettono alla Romanello di proporre la propria visione del "genius loci" di una città antica interpretata con uno sguardo moderno, dove l'immagine fotografica scattata dell'artista viene trasformata in un caleidoscopio di forme e colori che ricorda i capolavori ironici e dissacranti dei dadaisti, dai collages di Raoul Hausmann ai rayogrammi di Man Ray, dai "merzbau" di Kurt Schwitters alle "boîtes en valise" di Marcel Duchamp.”(Ludovico Pratesi dal catalogo “Promenades romaines” del 2001)
All’inaugurazione una performance di Lea Walter dal titolo Romamor: la performance nasce a partire dalle poesie riemerse nelle trame delle opere di Anna Romanello e dal testo di Jean Rony "Romamor". Intrecciando le lingue, le parole e le voci che abitano il suo immaginario della città, Lea propone di seguirla lungo le vie di una topografia sentimentale.
Anche i lavori di Domenico Pellegrino mostrano la città tra passato e presente, ma in una chiave vivace, passionale e legata al vissuto. Le luminarie sono “Simboli eterni scolpiti nel legno”, a ricordare “la rinascita, la grazia della Santuzza dopo la peste, la luce dopo l’oblio”. Così Domenico Pellegrino, artista e designer palermitano, racconta le sue luminarie, quelle che da secoli adornano le città del Sud Italia, durante le feste religiose e patronali. Pellegrino ne ha fatto il leit- motiv di alcuni progetti recenti: omaggi alla propria terra e a quei riti che scandiscono il tempo sacro e profano di una socialità popolare, tra sagre, processioni, prospetti barocchi, giostre, lustrini, edicole votive, insegne strobo ed altarini accesi.
Mischiando tavolozze di colori mediterranei, oggetti cult del profondo Sud, umori e rumori di vicoli affollati, sagome di cuori come ex voto-giocattolo, decori di carretti siciliani, profumi di street food e distese assolate, Pellegrino ha sfornato una collezione di oggetti impreziositi da file di lampadine e volute variopinte: luminarie impossibili, che incrociano reperti del quotidiano nel segno di un allegro folk contemporaneo E infine, la Sicilia. L’isola, semplicemente. Che Pellegri- no trasforma in un radioso gioiello over size. Disegnata con le celebri lampadine di strada, è un concentrato di memorie estetiche e poetiche, icona delle icone, tirata giù dagli addobbi di una parata sacra e resuscitata come reperto di fiaba. Si narra anche della “Sicilia terra di leggende, dove si fondono vita, orgoglio, amore e morte. Dove si incrociano popola- zioni diverse, dove tradizioni tra loro lontane si intrecciano per formare nuove narrazioni. Sicilia terra di stranezze, tra il magico e il macabro, il religioso e il profano. “A-mori” di Domenico Pellegrino esalta l’isola con il suo immaginario anti- co ed incredibilmente contemporaneo.” (Alba Romano Pace)
Così, le tematiche sono anche attuali: come dice l’artista la sua isola è ormai “simbolo dell’accoglienza e dell’integrazione”. Attraverso la leggenda si raccontano gli scontri tra culture diverse e si lanciano messaggi di comprensione reciproca e solidarietà.
Luoghi
www.borghiniartecontemporanea.it 06 6797726 339 5784979
orari: dal lunedì al sabato 10-13 / 16-19