Andrea Branzi. Heretical Design
A cura di: Alberto Fiz
Al MARCA di Catanzaro viene presentato, dal 24 dicembre al 29 marzo, Heretical Design, una mostra organizzata dalla Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici della Calabria e dall'Amministrazione Provinciale di Catanzaro. A curare la rassegna è Alberto Fiz che, insieme allo Studio Branzi, ha selezionato 70 opere tra dipinti, disegni, installazioni, mobili, lampade, vasi e oggetti d'arredo datate tra il 1967 e il 2014.
"Quello proposto al MARCA è un percorso relazionale fortemente coinvolgente", afferma Alberto Fiz, "dove l'oggetto, senza mai perdere la propria funzione, diventa metafora del mondo, interprete di una società in profonda trasformazione."
In quest'occasione viene presentato il prototipo inedito di una serie di sedute create da Branzi per il Parco Internazionale della Scultura di Catanzaro che, per la prima volta, coinvolge un designer. Il progetto installativo, di carattere modulare, è concepito come luogo di incontro in stretta relazione sia con la scultura sia con l'architettura. Sono spazi attivi di forte evocazione ed espliciti rimandi all'oriente che interagiscono con l'ambiente assorbendolo e trasformandolo.
La mostra al MARCA, intesa come corpus unitario, parte dal presupposto che l'opera di Branzi fa della devianza e dell'eterodossia il principio fondante di un'indagine che mette in discussione ogni riferimento al progetto tradizionale, così come all'industrial desgin. "Con il termine Heretical Design si desidera indicare una nuova e particolare categoria della cultura del progetto; una categoria che non fa riferimento né a una commitenza né a una specifica tecnologia. Essa risponde piuttosto all'urgenza di operare al di fuori delle normali pratiche professionali, vivendo direttamente una rifondazione radicale dei contenuti e delle ragioni del mio lavoro", afferma Branzi ribadendo i contenuti della mostra.
In questo caso l'opera viene chiamata a confrontarsi con la cultura antropologica ponendosi in stretta relazione con i temi della vita, della psiche, del sacro, dell'eros, della morte e della poesia.
Il percorso si snoda attraverso le fasi cruciali di un'esperienza che si sviluppa a partire dagli anni sessanta, come dimostrano due opere emblematiche del periodo di Archizoom come la Lampada Sanremo del 1968 e il divano Superonda dell'anno precedente. Proprio quest'ultimo, per la sua composizione variabile sovverte le norme standard dell'abitare borghese introducendo una forma che esprime il movimento, l'instabilità e la libertà del fruitore.
La radicalità di oggetti che hanno contraddistinto un'epoca rimane, sia pure in maniera differente, una costante per Branzi anche negli anni successivi. Se già nel 1985 con la serie degli Animali Domestici i tronchi d'albero e i rami nel loro aspetto naturale si innestavano sulle sedute producendo un linguaggio inedito fatto di ibridazioni, con i Grandi Legni del 2009 Branzi crea una dimensione archetipale ed enigmatica assemblando le antiche travi provenienti dalla Val Badia. Ne emergono strutture aperte che non rientrano in nessuna categoria prestabilita dove gli oggetti appartenenti a categorie e a epoche differenti trovano una loro collocazione. Si tratta di una miscellanea dove gli affreschi pompeiani si confrontano con bronzi cinesi o con oggetti di uso comune attraverso un'orizzontalità dell'informazione.
Come ci ricorda Branzi "è lo spessore oscuro del mondo materiale la cosa che m'interessa di più. Desidero realizzare oggetti che abbiano la capacità di creare un'emozione confrontandosi con i miti della contemporaneità, con la mistica cristiana o con i demoni tibetani." Un'arte circolare, insomma, che assorbe il tempo, l'oblio e le continue amnesie dell'essere dove gli oggetti sono transfert, interlocutori dell'anima.
In questa direzione si colloca anche la recente serie dei Solid Dreams, luoghi onirici di contaminazione dove Rosso Fiorentino e Buddha vanno a braccetto, così come Picasso e Giotto. "I sogni solidi", scrive Branzi, "sono visioni di un presente continuo, profondo, inesplorato, ma più credibile delle illusioni della sola realtà materiale." Un design, il suo che lavora sul concetto d'infinito superando ogni vincolo di carattere stilistico o tematico. Non a caso la mostra è inframezzata dagli Oggetti dell'Ospitalità che appartengono alle forme architettoniche a scala domestica che vanno a qualificare l'architettura interiore, cristallizzando spazi immaginari. Basti pensare agli Enzimi, vasi in plexiglass dove i luoghi interni sono diversi e autonomi dai luoghi esterni sviluppando un'energia silenziosa di trasformazione e di sviluppo.
"Quella che va in scena al MARCA", spiega Fiz, "è la drammaturgia degli oggetti, parte integrante di un intimo percorso emozionale e scenografico dove l'artista mette continuamente in crisi le nostre certezze."
L'infinito di Branzi al museo di Catanzaro comprende anche una sala dedicata specificatamente alle Nature morte, così come una lunga parete di dodici metri interamente ricoperta da una serie di Epigrammi dipinti che vanno incontro alle nostre amnesie con racconti sospesi nel vuoto, tracciati di un percorso misterioso e al tempo stesso ironico. Dunque, eretico.
In contemporanea con la mostra del MARCA, il Museo di Arti Decorative e del Design di Bordeaux presenta, sino al 25 gennaio prossimo, un omaggio a Branzi attraverso cinquant'anni di creazione raccontando la sua esperienza di designer, architetto e teorico. In marzo, poi, partirà dall'Università di Harvard un'ampia ricognizione del suo lavoro da parte degli Stati Uniti, tanto che è previsto un tour in altre prestigiose sedi universitarie americane.
"Quello proposto al MARCA è un percorso relazionale fortemente coinvolgente", afferma Alberto Fiz, "dove l'oggetto, senza mai perdere la propria funzione, diventa metafora del mondo, interprete di una società in profonda trasformazione."
In quest'occasione viene presentato il prototipo inedito di una serie di sedute create da Branzi per il Parco Internazionale della Scultura di Catanzaro che, per la prima volta, coinvolge un designer. Il progetto installativo, di carattere modulare, è concepito come luogo di incontro in stretta relazione sia con la scultura sia con l'architettura. Sono spazi attivi di forte evocazione ed espliciti rimandi all'oriente che interagiscono con l'ambiente assorbendolo e trasformandolo.
La mostra al MARCA, intesa come corpus unitario, parte dal presupposto che l'opera di Branzi fa della devianza e dell'eterodossia il principio fondante di un'indagine che mette in discussione ogni riferimento al progetto tradizionale, così come all'industrial desgin. "Con il termine Heretical Design si desidera indicare una nuova e particolare categoria della cultura del progetto; una categoria che non fa riferimento né a una commitenza né a una specifica tecnologia. Essa risponde piuttosto all'urgenza di operare al di fuori delle normali pratiche professionali, vivendo direttamente una rifondazione radicale dei contenuti e delle ragioni del mio lavoro", afferma Branzi ribadendo i contenuti della mostra.
In questo caso l'opera viene chiamata a confrontarsi con la cultura antropologica ponendosi in stretta relazione con i temi della vita, della psiche, del sacro, dell'eros, della morte e della poesia.
Il percorso si snoda attraverso le fasi cruciali di un'esperienza che si sviluppa a partire dagli anni sessanta, come dimostrano due opere emblematiche del periodo di Archizoom come la Lampada Sanremo del 1968 e il divano Superonda dell'anno precedente. Proprio quest'ultimo, per la sua composizione variabile sovverte le norme standard dell'abitare borghese introducendo una forma che esprime il movimento, l'instabilità e la libertà del fruitore.
La radicalità di oggetti che hanno contraddistinto un'epoca rimane, sia pure in maniera differente, una costante per Branzi anche negli anni successivi. Se già nel 1985 con la serie degli Animali Domestici i tronchi d'albero e i rami nel loro aspetto naturale si innestavano sulle sedute producendo un linguaggio inedito fatto di ibridazioni, con i Grandi Legni del 2009 Branzi crea una dimensione archetipale ed enigmatica assemblando le antiche travi provenienti dalla Val Badia. Ne emergono strutture aperte che non rientrano in nessuna categoria prestabilita dove gli oggetti appartenenti a categorie e a epoche differenti trovano una loro collocazione. Si tratta di una miscellanea dove gli affreschi pompeiani si confrontano con bronzi cinesi o con oggetti di uso comune attraverso un'orizzontalità dell'informazione.
Come ci ricorda Branzi "è lo spessore oscuro del mondo materiale la cosa che m'interessa di più. Desidero realizzare oggetti che abbiano la capacità di creare un'emozione confrontandosi con i miti della contemporaneità, con la mistica cristiana o con i demoni tibetani." Un'arte circolare, insomma, che assorbe il tempo, l'oblio e le continue amnesie dell'essere dove gli oggetti sono transfert, interlocutori dell'anima.
In questa direzione si colloca anche la recente serie dei Solid Dreams, luoghi onirici di contaminazione dove Rosso Fiorentino e Buddha vanno a braccetto, così come Picasso e Giotto. "I sogni solidi", scrive Branzi, "sono visioni di un presente continuo, profondo, inesplorato, ma più credibile delle illusioni della sola realtà materiale." Un design, il suo che lavora sul concetto d'infinito superando ogni vincolo di carattere stilistico o tematico. Non a caso la mostra è inframezzata dagli Oggetti dell'Ospitalità che appartengono alle forme architettoniche a scala domestica che vanno a qualificare l'architettura interiore, cristallizzando spazi immaginari. Basti pensare agli Enzimi, vasi in plexiglass dove i luoghi interni sono diversi e autonomi dai luoghi esterni sviluppando un'energia silenziosa di trasformazione e di sviluppo.
"Quella che va in scena al MARCA", spiega Fiz, "è la drammaturgia degli oggetti, parte integrante di un intimo percorso emozionale e scenografico dove l'artista mette continuamente in crisi le nostre certezze."
L'infinito di Branzi al museo di Catanzaro comprende anche una sala dedicata specificatamente alle Nature morte, così come una lunga parete di dodici metri interamente ricoperta da una serie di Epigrammi dipinti che vanno incontro alle nostre amnesie con racconti sospesi nel vuoto, tracciati di un percorso misterioso e al tempo stesso ironico. Dunque, eretico.
In contemporanea con la mostra del MARCA, il Museo di Arti Decorative e del Design di Bordeaux presenta, sino al 25 gennaio prossimo, un omaggio a Branzi attraverso cinquant'anni di creazione raccontando la sua esperienza di designer, architetto e teorico. In marzo, poi, partirà dall'Università di Harvard un'ampia ricognizione del suo lavoro da parte degli Stati Uniti, tanto che è previsto un tour in altre prestigiose sedi universitarie americane.
Luoghi
www.museomarca.info 0961. 746797
- Orario invernale (21 Ottobre - 20 Aprile): 9.30 / 13.00 - 16.00 / 20.00 - Orario estivo (21 Aprile - 20 Ottobre): 9.30 / 13.00 - 16.30 / 20.30 Chiuso lunedì