Alice in Wonderland
Per la stagione estiva 2017 Officine Saffi presenta una mostra corale promossa dal centro internazionale di ricerca ceramica danese Guldagergaard.In mostra Stephen Bowers, Jim Cooper, Malene Hartmann Rasmussen, Sergei Isupov, Sten Lykke Madsen, Kadri Pärnaments, Mara Superior, Lileng Wong.
"Ma io non voglio andare fra i matti", osservò Alice.
"Oh, non hai altra scelta," disse il Gatto :"Qui siamo tutti matti. Io sono matto. Tu sei matta."
"Come lo sai che sono matta?" Disse Alice.
"Per forza," disse il Gatto: "Altrimenti non saresti venuta qui."
– Lewis Carroll, Le avventure di Alice nel Paese delle Meraviglie
Quando uscì Alice era il 1865, a un dipresso il momento in cui la riflessione sull’arte e la sua pratica avevano iniziato a erodere programmaticamente i concetti di verosimiglianza e di racconto, cioè di riferimento coerente a un mondo inteso come coerente, e ciò avveniva tanto per le vie esteriori del revival medievale per cui altrimenti s’intendeva “quella specie di strana formosità deforme e deformità formosa”, quella “così grande e così strana varietà di forme eterogenee” (così Bernardo di Clairvaux), tanto per le vie interne della riflessione, ormai pronta a rivendicare al territorio dell’artistico autonomie che ne riguardavano gli stessi fondamenti spazio/temporali, facoltatività in grado di produrre senso anziché trascrivere quello apparente. Non è un caso.
Il mondo di Alice è un’idea di realtà scardinata, mobile, fastosamente suggestiva, che vale ben più della sua stessa fabula.
Il gioco all’apparenza lieve e désengagé proposto dalla mostra “Alice in Wonderland”, concepita in seno al centro internazionale di ricerca ceramica danese Guldagergaard e passato alle Officine Saffi, mira a un duplice scopo. Il primo è sollecitare otto autori diversi, scalati anagraficamente tra il 1937 e il 1973 e geograficamente dalla Danimarca alla Malesia, dalla Nuova Zelanda agli Stati Uniti, a misurarsi con il testo carrolliano deducendone riflessioni diverse, da iconografiche a concettuali. Il secondo è, attraverso questa provocazione che alla prima appare epidermica, provocarli a dichiarare il grado d’intendimento del carrolliano “we’re all mad here” che è dell’arte tutta, forma preziosa di madness laddove si sottragga dalle forme stantie dell’ordinario: una riflessione e una dichiarazione dunque sul proprio essere artisti, sul proprio disciplinare sentirsi ceramisti.
Stephen Bowers (Australia, 1953) apparecchia un gioco di scacchi abitato da figure calate tutte nell’immaginario caricaturale della tradizione popolare.
Jim Cooper (Nuova Zelanda, 1956) assume la posizione più radicale: il suo è una sorta di presepe grottesco in cui iconografie basse e costeggiamenti kitsch postmoderni esibiscono con orgoglio brutale la propria spavalda evidenza.
Malene Hartmann Rasmussen (Danimarca, 1973) muova dall’appropriatezza tecnica e formale per approntare visioni all’apparenza ordinarie, confortevoli, ma in realtà nutrite d’un gioco continuo di eccezioni significative.
Più fantasticante e stylé è il lavoro di Sergei Isupov (Russia, 1963), mentre Kadri Pärnaments (Estonia, 1968) usa la chiave della pertinenza iconografica, ivi compresa la citazione diretta della tradizione illustrativa, ma in un montaggio saporoso e straniato.
Sten Lykke Madsen (Danimarca, 1937), certo nutrito a suo tempo dell’abbreviazione espressivamente brusca di CoBrA e dintorni nonché di suggestioni distillate d’art brut, mette in scena un teatrino di figure diverse, accogliendo a pieno la significazione specifica delle singole schegge narrative ed espandendola in chiave d’umore postsurreale.
Mara Superior (Stati Uniti, 1951) assume la chiave del jeu d’enfants, d’uno straniato e reinventato gusto per i bibelots, quasi in omaggio al tempo e al luogo in cui Alice storicamente nasce.
Lileng Wong (Malesia, 1967) sceglie la chiave d’un immaginario dolce e infantilmente confidente.
Si tratta dunque di posizioni divaricatissime, le quali tutte indicano che si tratta, bon gré mal gré, approcci di tipo iconografico: ma dove la vera materia problematica è non il pretesto carrolliano, bensì la centralità del poter figurare della ceramica.
OFFICINE SAFFI:
Officine Saffi è un centro specializzato nella ceramica contemporanea. Il progetto comprende la Galleria dedicata all’arte ceramica con mostre di artisti contemporanei e maestri del passato. Il Laboratorio dove sono organizzati corsi e workshop, oltre a produzioni di artisti e designer, le Residenze d’artista e la Casa Editrice che pubblica la rivista trimestrale specializzata La Ceramica in Italia e nel mondo (www.laceramicainitalia.com) e cataloghi d’arte. Infine, completa il progetto, il concorso internazionale Open to Art, dedicato alla Ceramica contemporanea d'Arte e di Design.
GULDAGERGAARD:
Guldagergaard è un centro internazionale di residenze d’artista il cui scopo primario è quello di promuovere la ceramica come forma d’arte. Il centro è un'istituzione senza scopo di lucro finanziata dal Ministero della Cultura danese e la municipalità di Slagelse. Guldagergaard ['Gool-aya-goh'] significa Fattoria dell’acro; era una fattoria di frutta di proprietà della stessa famiglia per quasi 100 anni. Nel 1997 è nato il Centro Internazionale di Ricerca Ceramica Guldagergaard il cui obiettivo è tuttora quello di offrire agli artisti internazionali laboratori ben attrezzati e personale tecnico pronto ad aiutare e a trasformare le loro visioni in argilla.
Alice in Wonderland
22 giugno – 14 luglio 2017
Inaugurazione: martedì 21 giugno 2017, 18.30-21.00
Officine Saffi
Via A. Saffi 7 – Milano
Orari di apertura:
Dal lunedì al venerdì 10–13, 14-18.30
Sabato 11-18
Domenica su appuntamento
Ingresso gratuito Info:
+39 02 36 68 56 96
info@officinesaffi.com
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www.officinesaffi.com
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Luoghi
www.officinesaffi.com 02 36 68 5696 39.02.36597444
Orari di apertura: dal Lunedì al Venerdì 10.00 – 19.00, Sabato 11.00 – 18.00