Alessandro Busci. Fuoco su Napoli
In esposizione, 47 opere (tutti smalti su acciaio cor-ten, dal piccolo al grande formato) ispirate al romanzo di Ruggero Cappuccio "Fuoco su Napoli" (Premio Napoli 2011) da cui anche il titolo della mostra.
Lo stesso Cappuccio, scrittore e drammaturgo, firma il testo a presentazione della rassegna.
La pittura di Alessandro Busci si manifesta dopo una gravidanza di luce. Il Vesuvio che dipinge sigilla la promessa mantenuta che irrompe dinanzi agli occhi dopo una lunga attesa. La meravigliosa sequenza di vulcani eruttivi che l’artista milanese allinea come una solenne ossessione il cui ripetersi è gradito, racconta di molti Vesuvi che rimandano all’essenza di un primigenio cratere del mondo. La perfetta riconoscibilità del monte napoletano canta nell’aria cromatismi di fuoco. Le opere di Busci non si classificano come molteplici inquadrature di uno stesso oggetto, piuttosto, la sua mano felicissima tratta le facce dello storico sterminatore come declinazioni di un unico pensiero.
E’ l’idea platonica dell’energia ad imporsi allo stupore dello sguardo. La pittura di Busci fa del Vesuvio un rituale in cui si celebra l’atto di donare al mondo, l’atto di esplodere, l’atto di lanciare energia: l’eruzione come parto. Nascita della luce, nascita della potenza, nascita dell’arte a lungo covata in segreto. E’ questa la confessione vulcanica dell’artista che prende forma come una creatura nata da un secretum, originata appunto da un secernere, da una festosa liturgia che inventa la strada d’uscita tra il dentro e il fuori.
La magia delle opere di Busci non è certo solo tematica. La sua pittura compie il prodigio della sospensione temporale e stilistica.
Il Settecento delle gouaches rasserenanti gioca un mirabile corto circuito di fantastico ipermodernismo, in cui i secoli e le forme si inchinano al potere divino della natura. La terra lavora ininterrottamente tra le ombre del proprio utero e Busci innalza un magnificat al senso della luce, del getto, del colore lanciato, al mistero della vaporizzazione, all’erompere, all’eversione fortissima che compie un’epifania di rossi, di coaguli, di marroni vivissimi e flussi travolgenti.
Una pittura che esula dal manierismo della distruttività e della sciagura, per inventare una naturale, misterica danza primordiale dell’armonia.
Lo stesso Cappuccio, scrittore e drammaturgo, firma il testo a presentazione della rassegna.
La pittura di Alessandro Busci si manifesta dopo una gravidanza di luce. Il Vesuvio che dipinge sigilla la promessa mantenuta che irrompe dinanzi agli occhi dopo una lunga attesa. La meravigliosa sequenza di vulcani eruttivi che l’artista milanese allinea come una solenne ossessione il cui ripetersi è gradito, racconta di molti Vesuvi che rimandano all’essenza di un primigenio cratere del mondo. La perfetta riconoscibilità del monte napoletano canta nell’aria cromatismi di fuoco. Le opere di Busci non si classificano come molteplici inquadrature di uno stesso oggetto, piuttosto, la sua mano felicissima tratta le facce dello storico sterminatore come declinazioni di un unico pensiero.
E’ l’idea platonica dell’energia ad imporsi allo stupore dello sguardo. La pittura di Busci fa del Vesuvio un rituale in cui si celebra l’atto di donare al mondo, l’atto di esplodere, l’atto di lanciare energia: l’eruzione come parto. Nascita della luce, nascita della potenza, nascita dell’arte a lungo covata in segreto. E’ questa la confessione vulcanica dell’artista che prende forma come una creatura nata da un secretum, originata appunto da un secernere, da una festosa liturgia che inventa la strada d’uscita tra il dentro e il fuori.
La magia delle opere di Busci non è certo solo tematica. La sua pittura compie il prodigio della sospensione temporale e stilistica.
Il Settecento delle gouaches rasserenanti gioca un mirabile corto circuito di fantastico ipermodernismo, in cui i secoli e le forme si inchinano al potere divino della natura. La terra lavora ininterrottamente tra le ombre del proprio utero e Busci innalza un magnificat al senso della luce, del getto, del colore lanciato, al mistero della vaporizzazione, all’erompere, all’eversione fortissima che compie un’epifania di rossi, di coaguli, di marroni vivissimi e flussi travolgenti.
Una pittura che esula dal manierismo della distruttività e della sciagura, per inventare una naturale, misterica danza primordiale dell’armonia.
Luoghi
081 409446
Al Blu di Prussia è aperta: dal martedì al venerdì 16,30-20,00 e sabato 10,30-13,00 e 16,30-20,00 per tutte le mostre l'ingresso libero