Albert Pinya "Recent works"
A cura di: Alberto Zanchetta, Gianluca Ranzi
Per la sua prima mostra personale in un museo italiano, Albert Pinya [Palma de Mallorca, 1985] ha deciso di esporre una serie di opere inedite in cui si evince un repentino cambio di rotta rispetto al passato.
La laconica decisione di intitolare i suoi dipinti "opere recenti" (una denominazione impersonale e standardizzata) è conforme alla volontà di mascherare le proprie intenzioni dietro un titolo convenzionale e allo stesso tempo ermetico. In questa circostanza, Pinya non intende svelare nulla del nuovo corso della sua pittura, preferisce semmai adottare un depistaggio che amplifica la confusione iconografica dei quadri qui proposti Nell'ultimo anno l'artista ha infatti sperimentato nuove ipotesi di ricerca, giungendo a una sintesi formale che coniuga il suo precedente stile pop-naïve con stilemi astratto-geometrici. Il risultato è quello di un melting pot postmoderno, esuberante, caracollante che, senza falsi pudori e sen-za inutili timori, ci rende partecipi della verve pittorica.
Disseminate al piano terra del museo, le grandi tele dipinte appositamente per l'esposizione lissonese alludono a una pittura in costante espansione, così come suggerito dagli interventi a parete che connettono i dipinti in una sorta di circolo vizioso, un infinito cordone ombelicale che attraversa e amalgama delle sgargianti strutture biomorfe. L'esuberanza cromatica - tipica dell'artista, che da sempre si ispira ai vivaci colori del Mediterraneo - corrisponde anche a una tracimazione: è come se le forme avessero voluto migrare di quadro in quadro, liberandosi dalla griglia/rete che fa loro da sfondo. Non per caso, esiste in queste opere una reciprocità che ci ricorda che la pittura non è fatta solo di tela e colore, ma di tensioni e ambizioni.
Oltre a stabilire un dialogo serrato tre le singole opere, Pinya ha deciso di inserire all'interno dell'allestimento un intervento sonoro realizzato in collaborazione con il poeta Jaume Munar [Felanitx, 1982], il quale ha prestato la sua voce nel declamare alcuni poemi in lingua maiorchina. Ancora un volta l'artista ha voluto rivendicare le proprie radici culturali e geografiche, quell'identità insulare che attinge a piene mani, e a pieno diritto, alla tradizione dell'arcipelago delle Baleari. Le forme dipinte da Pinya e i versi declamati da Munar sembrano quindi vibrare all'unisono, generando un'euritmia continua, totale, avvolgente.
Concepita come un unico grande dipinto, la mostra ci offre un turbinio/tripudio di colori, forme e suoni che occupano lo spazio e cercano di concupire gli spettatori, accerchiandoli e magari insidiandoli, affinché sia possibile entrare in contatto diretto con le urgenze e le delizie della pittura.
La laconica decisione di intitolare i suoi dipinti "opere recenti" (una denominazione impersonale e standardizzata) è conforme alla volontà di mascherare le proprie intenzioni dietro un titolo convenzionale e allo stesso tempo ermetico. In questa circostanza, Pinya non intende svelare nulla del nuovo corso della sua pittura, preferisce semmai adottare un depistaggio che amplifica la confusione iconografica dei quadri qui proposti Nell'ultimo anno l'artista ha infatti sperimentato nuove ipotesi di ricerca, giungendo a una sintesi formale che coniuga il suo precedente stile pop-naïve con stilemi astratto-geometrici. Il risultato è quello di un melting pot postmoderno, esuberante, caracollante che, senza falsi pudori e sen-za inutili timori, ci rende partecipi della verve pittorica.
Disseminate al piano terra del museo, le grandi tele dipinte appositamente per l'esposizione lissonese alludono a una pittura in costante espansione, così come suggerito dagli interventi a parete che connettono i dipinti in una sorta di circolo vizioso, un infinito cordone ombelicale che attraversa e amalgama delle sgargianti strutture biomorfe. L'esuberanza cromatica - tipica dell'artista, che da sempre si ispira ai vivaci colori del Mediterraneo - corrisponde anche a una tracimazione: è come se le forme avessero voluto migrare di quadro in quadro, liberandosi dalla griglia/rete che fa loro da sfondo. Non per caso, esiste in queste opere una reciprocità che ci ricorda che la pittura non è fatta solo di tela e colore, ma di tensioni e ambizioni.
Oltre a stabilire un dialogo serrato tre le singole opere, Pinya ha deciso di inserire all'interno dell'allestimento un intervento sonoro realizzato in collaborazione con il poeta Jaume Munar [Felanitx, 1982], il quale ha prestato la sua voce nel declamare alcuni poemi in lingua maiorchina. Ancora un volta l'artista ha voluto rivendicare le proprie radici culturali e geografiche, quell'identità insulare che attinge a piene mani, e a pieno diritto, alla tradizione dell'arcipelago delle Baleari. Le forme dipinte da Pinya e i versi declamati da Munar sembrano quindi vibrare all'unisono, generando un'euritmia continua, totale, avvolgente.
Concepita come un unico grande dipinto, la mostra ci offre un turbinio/tripudio di colori, forme e suoni che occupano lo spazio e cercano di concupire gli spettatori, accerchiandoli e magari insidiandoli, affinché sia possibile entrare in contatto diretto con le urgenze e le delizie della pittura.
Luoghi
www.comune.lissone.mi.it 39 0392145174 +39 039461523