Alba Savoi “Pieghe d’acqua”
A cura di: Laura Turco Liveri
dal 30/1 al 15/2 - 2019
… Savoi è stata sempre attratta dalla “piega. A partire dai panneggi del Chitone greco, dalle morbidezze della tela nelle sue prime esperienze del ciclo Segno Campo fino alle recenti ‘pieghe di luce’, ombre colorate scaturite da un raggio di luce catturato in diversi momenti del giorno e dell’anno.
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testo di Laura Turco Liveri
Pieghe e colori affascinanti ma inquietanti, nelle luride acque (dalla dichiarazione d’intenti per la n. 1)
Con le sue Pieghe d’acqua, Alba Savoi affronta, stavolta con costante determinazione rispetto ai singoli episodi a tema del passato, l’argomento ‘acque’, partendo dall’allarme mediatico, politico e sociale mondiale lanciato ormai da anni, sull’inquinamento delle acque e legato alla ‘scarsità’ di tale primario elemento. Elaborando l’argomento da un’inusuale angolazione e ricollegandosi al concetto di caducità e di ‘fine vita’ e, al contempo, di ‘eterno ritorno’ che ne permea tutto il lavoro, Savoi parte per un percorso a ritroso, dalle acque luride e inquinanti – peraltro affascinanti per la loro sorprendente pittoricità cromatica - alla sensazione di freschezza e pulizia delle ‘pieghe d’acqua’, che l’autrice sceglie in scatti fotografici presi dalla realtà e restituisce nell’opera finita, tramite mirate alterazioni digitali. I colori fotografici, nobilitati attraverso viraggi e l’accurato lavoro di disegno digitale, svolto a livello minimale su ogni pixel, ci mostrano come Savoi modifichi e muova l’immagine dall’interno, seguendo un progetto emozionale e compositivo che si determina ed emerge gradualmente anche alla coscienza dell’autrice. Dalle ormai lontane, iniziali esperienze pittoriche e manipolative di materiali che via via hanno portato Alba alla ripetizione xerografica di linee e chiaroscuri, ella ci mostra oggi un cammino creativo che della materialità dell’opera conserva sempre meno la consistenza e stravolge la consueta acquisizione del significato in rapporto all’immagine e a favore di una crescente evidenza dei processi intellettivi. In tal modo, l’autrice arriva ad una raffinatissima summa tra pittura e arte concettuale e insieme all’efficacia divulgativa e di denuncia per la problematica forse più tristemente indifferibile dei nostri tempi. Inoltre, attraverso quell’artificio visivo - già collaudato in recenti serie di Pieghe - dell’apposizione dell’immagine fotografica sopra il medesimo particolare, di poco ingrandito e posto in secondo piano grazie alla garzatura della superficie che ne attenua i contorni e ne sfoca le tonalità, Alba ritaglia l’istante catturato dal flusso elaborativo della propria riflessione e lo ferma, perché lo si possa guardare e ci si possa soffermare a riflettere a nostra volta. Il cambiamento di direzione di lettura dell’opera da orizzontale in profondità e viceversa, per poi proseguire verso un altro, ulteriore istante, fermato in un’altra opera della serie, e via via così procedendo, si riconnette al flusso della vita organica e cosmica. Per tali motivazioni ci sembra di poter affermare che Alba Savoi focalizza, approfondisce e racconta proprio la sua filosofia della vita e del tempo fisico, intesa nel senso di conoscenza e acquisizione, presentando opere esteticamente concluse e ‘finite’ nell’istante realizzativo e della visione altrui, ma che si completano tra loro sequenzialmente all’infinito. Per meglio illustrare il suo particolare modo di ‘fare arte’, ci si è qui avvalsi, concordemente con l’autrice, della forma dell’intervista, che offre uno spazio direttamente agito a due, nello spiegare le motivazioni e i procedimenti creativi di un’artista così complessa eppure semplice.
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Laura Turco Liveri - Dal momento che il tuo lavoro finora non ha indagato l’acqua, i suoi riflessi e le sue ‘pieghe’ con costante indagine, come mai oggi hai deciso di affrontare tale tematica e quali risvolti stilistici hai ‘scoperto’ nel tuo lavoro?
Alba Savoi – Sono sempre stata attratta dalla “piega”. Dalle pieghe dei panneggi del Chitone greco e la morbidezza e duttilità della tela in “segno campo” delle prime esperienze fino alle recenti ‘pieghe di luce’, quando fui affascinata da un raggio luminoso che, colpendo un vaso colorato, proiettava colori azzurri sulla parete bianca. Fotografando le ombre colorate del raggio, in diversi momenti e in diverse stagioni, in realtà fotografavo l’estrema mutevolezza della luce e concettualmente mi ricollegavo alla caducità della vita, cogliendo l’attimo fuggente. Pieghe, luci ed ombre mi apparivano come il trascorrere di una giornata o della vita stessa: “pieghe di luce”, appunto. “E oggi, perché non esaminare pieghe nell’acqua?”, mi sono chiesta.
Laura Turco Liveri - Nel tuo lavoro, infatti, sei passata dall’indagare le pieghe di vari materiali, fisicamente intese come ripiegamento casuale ma in posizioni che attiravano la tua attenzione, alle pieghe d’acqua odierne: intenti e procedimenti creativi differiscono dalle pieghe fotocopiate delle serie xerox (prima bidimensionali e poi pieghe estrinsecate nelle xerosculture, ricreazione di una nuova fisica dell’universo) e dalle pieghe di luce fotografate, perché qui tu agisci direttamente sulla composizione dell’immagine digitale, sgranandola nel togliere pixels o al contrario rafforzandola aggiungendone di nuovi. Non eri mai arrivata nel tessuto connettivo dell’immagine fotografata, limitandoti a ritagliarne pezzi significativi ed evocativi e a giustapporli in modalità sempre più sequenziali o anche speculari. La tua capacità di analisi visiva e concettuale e di osservazione ti ha suggerito di ‘aprire’ l’immagine, quasi per coglierne sempre più in profondità l’essenza del concetto che informa l’immagine, il punto focale attorno al quale si svolge il resto delle consequenzialità. Al contrario, quindi, delle precedenti serie, dove il superamento di ogni limen, di ogni limite progressivo, si espandeva in moto centrifugo, nelle Pieghe d’acqua tu inverti la direzione dell’indagine, telescopicamente dirigendoti all’interno, allargando e sgretolando le forme secondo il concetto originario di fotocopia: impressione di luce che ne interpreta, attraversandole, gli andamenti e, nell’infinitamente piccolo, ne disgrega i confini fisici, facendole riapparire come macchie non strutturate, galleggianti sulla superficie del foglio, dai molteplici e multiformi significati, attribuibili e attribuiti dal nostro sistema occhi-cervello. Con la pazienza di un’antica ricamatrice, hai sempre lavorato con costante applicazione nell’elaborare e documentare le tue indagini sulle forme e sul circostante, cercato, come dicevamo più sopra, nella casualità di una piega di tessuto o nella rifrazione colorata di un vaso a primavera. Una caparbia e minuziosa ricerca, la tua, che manifesta il tuo intento di individuare il significato della vita: nella ripetizione con piccole varianti si riflette l’andamento della natura, cosmicamente intesa, come anche, nelle possibilità infinite del fare arte, il rinnovarsi continuo della vita. Per questa nuova serie, tuttavia, ti sei ricollegata alla ‘portata’ di pensiero che il concetto e l’elemento acqua tiene in sé, piuttosto che ai molteplici aspetti che essa visivamente offre. Inoltre, in questi anni, e ormai da troppi, non si può evitare di ricordare la necessità dell’acqua per la vita e la scarsità sempre crescente in zone progressivamente più vaste del mondo. Per tali motivi questo elemento ci affascina, non solo per l’estrema mutevolezza del suo aspetto e stato, ma anche come sensazione fisica che ci riporta a noi stessi e al nostro rapporto con la vita e la natura. Mi sembra tuttavia, nonostante tutte queste mie considerazioni, che tu abbia scelto un punto di vista ulteriormente differente su cui indagare l’argomento acqua.
Alba Savoi - Relativamente all’argomento “acque”, in periodi recenti si parla continuamente di inquinamento delle acque, di mari inquinati. Così mi sono messa alla ricerca, sul web, come mio solito. In particolare, mi hanno interessato i sistemi e i dispositivi per la depurazione delle acque, volti alla soluzione del problema, non solo alla negatività della constatazione della situazione. Sul web ho trovato molto materiale: dagli apparecchi di aspirazione e filtraggio e di depurazione, alle innumerevoli, e a volte agghiaccianti, fotografie di acque luride, e tuttavia dai colori sorprendentemente sgargianti. Sono stata affascinata da quei colori ed è nata l’idea di realizzare delle opere con quelle immagini.
Laura Turco Liveri - Illustrando il negativo, il male fatto alla natura ne scopri quindi, quasi con dolorosa sorpresa, il fascino, la bellezza intrigante e seducente del male. Quello che mi incuriosisce è il procedimento, nuovo per te, che usi nell’elaborazione e nell’alterazione sostanziale delle foto, per lavorare pittoricamente in digitale, realizzando un’opera ‘altra’ rispetto alla foto originaria, valida dal punto di vista del linguaggio artistico e riconoscibile stilisticamente come tua opera.
Alba Savoi - Attraverso ingrandimenti progressivi della foto di partenza ottengo lo sgranamento dell’immagine in pixel di colore e arrivo così ad uno stimolante effetto pittorico. Con il mio spirito di instancabile indagatrice e maniacale sperimentatrice, gioco a manipolare il pixel/quadratino - che sposto, cancello o cambio d’intensità di colore. Seurat e poi Signac, neoimpressionisti del XIX secolo, cercavano luci e ombre tramite il punto di colore del pennello e giocando con il loro “Puntinismo”. Io con questa tecnica mi diverto a creare il “Pixelismo del XXI secolo”. L’intento non è soltanto il piacere estetico e di ricerca nell’opera: al di là di queste componenti c’è la voglia di segnalare, provocatoriamente, il ‘problema acqua’, che non è solo limpidezza e purezza…
Pieghe e colori affascinanti ma inquietanti, nelle luride acque (dalla dichiarazione d’intenti per la n. 1)
Con le sue Pieghe d’acqua, Alba Savoi affronta, stavolta con costante determinazione rispetto ai singoli episodi a tema del passato, l’argomento ‘acque’, partendo dall’allarme mediatico, politico e sociale mondiale lanciato ormai da anni, sull’inquinamento delle acque e legato alla ‘scarsità’ di tale primario elemento. Elaborando l’argomento da un’inusuale angolazione e ricollegandosi al concetto di caducità e di ‘fine vita’ e, al contempo, di ‘eterno ritorno’ che ne permea tutto il lavoro, Savoi parte per un percorso a ritroso, dalle acque luride e inquinanti – peraltro affascinanti per la loro sorprendente pittoricità cromatica - alla sensazione di freschezza e pulizia delle ‘pieghe d’acqua’, che l’autrice sceglie in scatti fotografici presi dalla realtà e restituisce nell’opera finita, tramite mirate alterazioni digitali. I colori fotografici, nobilitati attraverso viraggi e l’accurato lavoro di disegno digitale, svolto a livello minimale su ogni pixel, ci mostrano come Savoi modifichi e muova l’immagine dall’interno, seguendo un progetto emozionale e compositivo che si determina ed emerge gradualmente anche alla coscienza dell’autrice. Dalle ormai lontane, iniziali esperienze pittoriche e manipolative di materiali che via via hanno portato Alba alla ripetizione xerografica di linee e chiaroscuri, ella ci mostra oggi un cammino creativo che della materialità dell’opera conserva sempre meno la consistenza e stravolge la consueta acquisizione del significato in rapporto all’immagine e a favore di una crescente evidenza dei processi intellettivi. In tal modo, l’autrice arriva ad una raffinatissima summa tra pittura e arte concettuale e insieme all’efficacia divulgativa e di denuncia per la problematica forse più tristemente indifferibile dei nostri tempi. Inoltre, attraverso quell’artificio visivo - già collaudato in recenti serie di Pieghe - dell’apposizione dell’immagine fotografica sopra il medesimo particolare, di poco ingrandito e posto in secondo piano grazie alla garzatura della superficie che ne attenua i contorni e ne sfoca le tonalità, Alba ritaglia l’istante catturato dal flusso elaborativo della propria riflessione e lo ferma, perché lo si possa guardare e ci si possa soffermare a riflettere a nostra volta. Il cambiamento di direzione di lettura dell’opera da orizzontale in profondità e viceversa, per poi proseguire verso un altro, ulteriore istante, fermato in un’altra opera della serie, e via via così procedendo, si riconnette al flusso della vita organica e cosmica. Per tali motivazioni ci sembra di poter affermare che Alba Savoi focalizza, approfondisce e racconta proprio la sua filosofia della vita e del tempo fisico, intesa nel senso di conoscenza e acquisizione, presentando opere esteticamente concluse e ‘finite’ nell’istante realizzativo e della visione altrui, ma che si completano tra loro sequenzialmente all’infinito. Per meglio illustrare il suo particolare modo di ‘fare arte’, ci si è qui avvalsi, concordemente con l’autrice, della forma dell’intervista, che offre uno spazio direttamente agito a due, nello spiegare le motivazioni e i procedimenti creativi di un’artista così complessa eppure semplice.
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Laura Turco Liveri - Dal momento che il tuo lavoro finora non ha indagato l’acqua, i suoi riflessi e le sue ‘pieghe’ con costante indagine, come mai oggi hai deciso di affrontare tale tematica e quali risvolti stilistici hai ‘scoperto’ nel tuo lavoro?
Alba Savoi – Sono sempre stata attratta dalla “piega”. Dalle pieghe dei panneggi del Chitone greco e la morbidezza e duttilità della tela in “segno campo” delle prime esperienze fino alle recenti ‘pieghe di luce’, quando fui affascinata da un raggio luminoso che, colpendo un vaso colorato, proiettava colori azzurri sulla parete bianca. Fotografando le ombre colorate del raggio, in diversi momenti e in diverse stagioni, in realtà fotografavo l’estrema mutevolezza della luce e concettualmente mi ricollegavo alla caducità della vita, cogliendo l’attimo fuggente. Pieghe, luci ed ombre mi apparivano come il trascorrere di una giornata o della vita stessa: “pieghe di luce”, appunto. “E oggi, perché non esaminare pieghe nell’acqua?”, mi sono chiesta.
Laura Turco Liveri - Nel tuo lavoro, infatti, sei passata dall’indagare le pieghe di vari materiali, fisicamente intese come ripiegamento casuale ma in posizioni che attiravano la tua attenzione, alle pieghe d’acqua odierne: intenti e procedimenti creativi differiscono dalle pieghe fotocopiate delle serie xerox (prima bidimensionali e poi pieghe estrinsecate nelle xerosculture, ricreazione di una nuova fisica dell’universo) e dalle pieghe di luce fotografate, perché qui tu agisci direttamente sulla composizione dell’immagine digitale, sgranandola nel togliere pixels o al contrario rafforzandola aggiungendone di nuovi. Non eri mai arrivata nel tessuto connettivo dell’immagine fotografata, limitandoti a ritagliarne pezzi significativi ed evocativi e a giustapporli in modalità sempre più sequenziali o anche speculari. La tua capacità di analisi visiva e concettuale e di osservazione ti ha suggerito di ‘aprire’ l’immagine, quasi per coglierne sempre più in profondità l’essenza del concetto che informa l’immagine, il punto focale attorno al quale si svolge il resto delle consequenzialità. Al contrario, quindi, delle precedenti serie, dove il superamento di ogni limen, di ogni limite progressivo, si espandeva in moto centrifugo, nelle Pieghe d’acqua tu inverti la direzione dell’indagine, telescopicamente dirigendoti all’interno, allargando e sgretolando le forme secondo il concetto originario di fotocopia: impressione di luce che ne interpreta, attraversandole, gli andamenti e, nell’infinitamente piccolo, ne disgrega i confini fisici, facendole riapparire come macchie non strutturate, galleggianti sulla superficie del foglio, dai molteplici e multiformi significati, attribuibili e attribuiti dal nostro sistema occhi-cervello. Con la pazienza di un’antica ricamatrice, hai sempre lavorato con costante applicazione nell’elaborare e documentare le tue indagini sulle forme e sul circostante, cercato, come dicevamo più sopra, nella casualità di una piega di tessuto o nella rifrazione colorata di un vaso a primavera. Una caparbia e minuziosa ricerca, la tua, che manifesta il tuo intento di individuare il significato della vita: nella ripetizione con piccole varianti si riflette l’andamento della natura, cosmicamente intesa, come anche, nelle possibilità infinite del fare arte, il rinnovarsi continuo della vita. Per questa nuova serie, tuttavia, ti sei ricollegata alla ‘portata’ di pensiero che il concetto e l’elemento acqua tiene in sé, piuttosto che ai molteplici aspetti che essa visivamente offre. Inoltre, in questi anni, e ormai da troppi, non si può evitare di ricordare la necessità dell’acqua per la vita e la scarsità sempre crescente in zone progressivamente più vaste del mondo. Per tali motivi questo elemento ci affascina, non solo per l’estrema mutevolezza del suo aspetto e stato, ma anche come sensazione fisica che ci riporta a noi stessi e al nostro rapporto con la vita e la natura. Mi sembra tuttavia, nonostante tutte queste mie considerazioni, che tu abbia scelto un punto di vista ulteriormente differente su cui indagare l’argomento acqua.
Alba Savoi - Relativamente all’argomento “acque”, in periodi recenti si parla continuamente di inquinamento delle acque, di mari inquinati. Così mi sono messa alla ricerca, sul web, come mio solito. In particolare, mi hanno interessato i sistemi e i dispositivi per la depurazione delle acque, volti alla soluzione del problema, non solo alla negatività della constatazione della situazione. Sul web ho trovato molto materiale: dagli apparecchi di aspirazione e filtraggio e di depurazione, alle innumerevoli, e a volte agghiaccianti, fotografie di acque luride, e tuttavia dai colori sorprendentemente sgargianti. Sono stata affascinata da quei colori ed è nata l’idea di realizzare delle opere con quelle immagini.
Laura Turco Liveri - Illustrando il negativo, il male fatto alla natura ne scopri quindi, quasi con dolorosa sorpresa, il fascino, la bellezza intrigante e seducente del male. Quello che mi incuriosisce è il procedimento, nuovo per te, che usi nell’elaborazione e nell’alterazione sostanziale delle foto, per lavorare pittoricamente in digitale, realizzando un’opera ‘altra’ rispetto alla foto originaria, valida dal punto di vista del linguaggio artistico e riconoscibile stilisticamente come tua opera.
Alba Savoi - Attraverso ingrandimenti progressivi della foto di partenza ottengo lo sgranamento dell’immagine in pixel di colore e arrivo così ad uno stimolante effetto pittorico. Con il mio spirito di instancabile indagatrice e maniacale sperimentatrice, gioco a manipolare il pixel/quadratino - che sposto, cancello o cambio d’intensità di colore. Seurat e poi Signac, neoimpressionisti del XIX secolo, cercavano luci e ombre tramite il punto di colore del pennello e giocando con il loro “Puntinismo”. Io con questa tecnica mi diverto a creare il “Pixelismo del XXI secolo”. L’intento non è soltanto il piacere estetico e di ricerca nell’opera: al di là di queste componenti c’è la voglia di segnalare, provocatoriamente, il ‘problema acqua’, che non è solo limpidezza e purezza…
Luoghi
www.artefuoricentro.it 065578101 3281353083
orario: dal martedì al venerdì dalle 17 alle 20 oppure per appuntamento