Agostino Bonalumi
A cura di: Alberto Fiz e Fabrizio Bonalumi
Dopo il successo di Bookhouse. La Forma del Libro, il museo MARCA di Catanzaro presenta la prima personale di Agostino Bonalumi in uno spazio pubblico dopo la sua scomparsa avvenuta il 18 settembre 2013 all’età di 78 anni.
La mostra, organizzata dalla Provincia di Catanzaro in collaborazione con l’Archivio Bonalumi, s’inaugura il 22 febbraio per rimanere aperta sino al 31 maggio.
Curata dal direttore artistico del MARCA Alberto Fiz insieme al figlio dell’artista Fabrizio Bonalumi, comprende una selezione particolarmente accurata di 40 opere di grandi dimensioni che spaziano dalle prime esperienze nell’ambito dell’informale, per giungere all’indagine dell’ultimo decennio. I lavori provengono da importanti istituzioni pubbliche e private tra cui il Mart di Rovereto e l’Archivio Bonalumi a cui si aggiungono i contributi di molti collezionisti, da Torino a Reggio Calabria, oltreché della galleria Niccoli di Parma.
“E’ con particolare soddisfazione che il MARCA corona la sua attività realizzando un omaggio ad Agostino Bonalumi, tra i maggiori protagonisti della scena artistica contemporanea che, insieme a Fontana, Manzoni e Castellani, ha saputo modificare radicalmente il linguaggio”, afferma Wanda Ferro, Commissario Straordinario della Provincia di Catanzaro.
La rassegna si configura come un’occasione particolarmente significativa per riflettere sul percorso artistico di Bonalumi in un tracciato che prende le mosse dalle sperimentazioni in ambito informale (a questo proposito è fondamentale Senza titolo del 1958, un lavoro con rami e cemento su tavola mai esposto in precedenza) per passare alla prima estroflessione, Nero del 1959 che segna un passaggio decisivo verso una ricerca che non si pone più come rappresentazione, bensì come tensione di ricerca costante verso una rinnovata logica processuale.
Come ribadisce Alberto Fiz “Agostino Bonalumi è una figura centrale nell’arte del secondo dopoguerra ed è particolarmente importante riflettere sul significato della sua indagine al di là di ogni classificazione. Le sue opere ribaltano il rapporto con il mondo visibile diventando visioni esse stesse. La realtà non è più esterna ma diventa parte integrante dell’immagine che ne possiede l’essenza.”
Bonalumi, insieme a Piero Manzoni e Enrico Castellani (la loro prima esposizione risale al 1958), ha imposto la Pittura-Oggetto, in base alla felice definizione di Gillo Dorfles, come segno linguistico di riferimento in netta opposizione alle ricerche precedenti.
Pur avendo una posizione di primo piano nell’ambito dello spazialismo, Bonalumi è un artista eterodosso che non ha mai fatto della sua ricerca un dogma, trovando sempre una via di fuga rispetto a quelli che potevano sembrare i limiti naturali di un’indagine connotata dagli elementi geometrici. “Ciò che conta per lui”, spiega Alberto Fiz, “è l’estensione dell’oggetto nello spazio ottenuto attraverso il connubio tra un impianto pittorico che diventa tridimensionale e un’immagine plastica che si pone come trasgressione nei confronti della bidimensionalità. Bonalumi ha costruito la sua indagine sulle zone d’incertezza, sulla complessità e sul dubbio, intesi come elementi necessari per sfidare i limiti”.
La mostra analizza l’evoluzione dialettica che caratterizza il percorso di Bonalumi sempre teso verso l’affermazione di soluzioni rigorose e mai ripetitive evitando che lo stile, inteso come cliché, possa prendere il sopravvento. “Da qui”, scrive l’artista, “la drammaticità dell’arte, la pena del dubbio, che non cessa col risolversi della ricerca nella forma.”
L’intero percorso viene proposto attraverso una scansione per decenni che giunge sino al 2009 in una mostra che analizza “il vero e proprio alfabeto bonalumiano”, secondo le parole di Gillo Dorfles, che ebbe l’occasione di occuparsi per la prima volta della sua ricerca nel 1958 in occasione di una mostra alla galleria Schwarz di Milano. Nell’ambito di una rassegna così concepita, sono molte le occasioni per ammirare opere molto rare come Bianco del 1969, la grande installazione di nove metri, divisa in 13 pannelli. Si tratta di un lavoro realizzato per la mostra alla Galleria del Naviglio di Milano organizzata quell’anno e da allora mai più esposta. Sempre nel 1969 la Galleria del Naviglio ha presentato un’altra opera in mostra di particolare significato, Rosso, scultura in vetroresina e smalto di quasi due metri che non è mai più apparsa in pubblico.
Tra le opere storiche, va ricordata anche Rosso del 1967 (240x200 centimetri) presentata alla Biennale di Venezia del 1970 nell’ambito della sala personale dedicata a Bonalumi. Anche quest’opera non è mai più stata presentata al pubblico. E, a proposito della Biennale, la mostra fa riferimento anche alla prima partecipazione dell’artista alla kermesse veneziana nel 1966. A ricordare questo evento viene esposto Bianco del 1966, un’opera con due tondi che s’incrociano presentata per la prima volta in quell’occasione e immortalata da una celebre immagine fotografica di Ugo Mulas che ritrae Bonalumi dietro a quel quadro.
Tra le tante testimonianze emblematiche della rassegna, viene proposto Rosso e nero, un capolavoro del 1968 proveniente dalla collezione Vaf-Stiftung e diventato per molti mesi una delle maggiori attrattive della mostra La magnifica ossessione proposta al Mart di Rovereto. La caratteristica specifica di questa grande opera di due metri e mezzo di altezza è l’uso del ciré, un materiale elastico, traslucido con un effetto quasi pop che Bonalumi aveva scoperto in America nel 1967. E’, poi, dal 1973, quando è stata presentata a Volterra, che non si ha più la possibilità di ammirare Blu del 1968 in legno e vetroresina di tre metri d’altezza che sperimenta la relazione tra pittura e scultura.
La rassegna, poi, è l’occasione per apprezzare anche la produzione più recente di Bonalumi con opere mai viste prima d’ora come Rapporti, la scultura in vetroresina, cristallo e marmo del 1981-2001 o Rosso del 1990. Anche negli ultimi anni della sua attività l’artista ha realizzato opere di assoluto rilievo in grado di sintetizzare l’intero arco della sua ricerca. In questo senso appaiono emblematiche due opere inedite del 2009, Nero e Bianco. Quest’ultimo è un grande trittico di quasi quattro metri dall’impatto monumentale.
La mostra è accompagnata da un ampio catalogo in italiano e inglese edito da Silvana Editoriale con una selezione degli scritti di Agostino Bonalumi dagli anni settanta sino a oggi raccolti per la prima volta in maniera organica. Accanto ad un saggio di Alberto Fiz e alla riproposizione di uno storico testo di Gillo Dorfles risalente al 1973, viene pubblicata un’intervista con Fabrizio Bonalumi.
La mostra, organizzata dalla Provincia di Catanzaro in collaborazione con l’Archivio Bonalumi, s’inaugura il 22 febbraio per rimanere aperta sino al 31 maggio.
Curata dal direttore artistico del MARCA Alberto Fiz insieme al figlio dell’artista Fabrizio Bonalumi, comprende una selezione particolarmente accurata di 40 opere di grandi dimensioni che spaziano dalle prime esperienze nell’ambito dell’informale, per giungere all’indagine dell’ultimo decennio. I lavori provengono da importanti istituzioni pubbliche e private tra cui il Mart di Rovereto e l’Archivio Bonalumi a cui si aggiungono i contributi di molti collezionisti, da Torino a Reggio Calabria, oltreché della galleria Niccoli di Parma.
“E’ con particolare soddisfazione che il MARCA corona la sua attività realizzando un omaggio ad Agostino Bonalumi, tra i maggiori protagonisti della scena artistica contemporanea che, insieme a Fontana, Manzoni e Castellani, ha saputo modificare radicalmente il linguaggio”, afferma Wanda Ferro, Commissario Straordinario della Provincia di Catanzaro.
La rassegna si configura come un’occasione particolarmente significativa per riflettere sul percorso artistico di Bonalumi in un tracciato che prende le mosse dalle sperimentazioni in ambito informale (a questo proposito è fondamentale Senza titolo del 1958, un lavoro con rami e cemento su tavola mai esposto in precedenza) per passare alla prima estroflessione, Nero del 1959 che segna un passaggio decisivo verso una ricerca che non si pone più come rappresentazione, bensì come tensione di ricerca costante verso una rinnovata logica processuale.
Come ribadisce Alberto Fiz “Agostino Bonalumi è una figura centrale nell’arte del secondo dopoguerra ed è particolarmente importante riflettere sul significato della sua indagine al di là di ogni classificazione. Le sue opere ribaltano il rapporto con il mondo visibile diventando visioni esse stesse. La realtà non è più esterna ma diventa parte integrante dell’immagine che ne possiede l’essenza.”
Bonalumi, insieme a Piero Manzoni e Enrico Castellani (la loro prima esposizione risale al 1958), ha imposto la Pittura-Oggetto, in base alla felice definizione di Gillo Dorfles, come segno linguistico di riferimento in netta opposizione alle ricerche precedenti.
Pur avendo una posizione di primo piano nell’ambito dello spazialismo, Bonalumi è un artista eterodosso che non ha mai fatto della sua ricerca un dogma, trovando sempre una via di fuga rispetto a quelli che potevano sembrare i limiti naturali di un’indagine connotata dagli elementi geometrici. “Ciò che conta per lui”, spiega Alberto Fiz, “è l’estensione dell’oggetto nello spazio ottenuto attraverso il connubio tra un impianto pittorico che diventa tridimensionale e un’immagine plastica che si pone come trasgressione nei confronti della bidimensionalità. Bonalumi ha costruito la sua indagine sulle zone d’incertezza, sulla complessità e sul dubbio, intesi come elementi necessari per sfidare i limiti”.
La mostra analizza l’evoluzione dialettica che caratterizza il percorso di Bonalumi sempre teso verso l’affermazione di soluzioni rigorose e mai ripetitive evitando che lo stile, inteso come cliché, possa prendere il sopravvento. “Da qui”, scrive l’artista, “la drammaticità dell’arte, la pena del dubbio, che non cessa col risolversi della ricerca nella forma.”
L’intero percorso viene proposto attraverso una scansione per decenni che giunge sino al 2009 in una mostra che analizza “il vero e proprio alfabeto bonalumiano”, secondo le parole di Gillo Dorfles, che ebbe l’occasione di occuparsi per la prima volta della sua ricerca nel 1958 in occasione di una mostra alla galleria Schwarz di Milano. Nell’ambito di una rassegna così concepita, sono molte le occasioni per ammirare opere molto rare come Bianco del 1969, la grande installazione di nove metri, divisa in 13 pannelli. Si tratta di un lavoro realizzato per la mostra alla Galleria del Naviglio di Milano organizzata quell’anno e da allora mai più esposta. Sempre nel 1969 la Galleria del Naviglio ha presentato un’altra opera in mostra di particolare significato, Rosso, scultura in vetroresina e smalto di quasi due metri che non è mai più apparsa in pubblico.
Tra le opere storiche, va ricordata anche Rosso del 1967 (240x200 centimetri) presentata alla Biennale di Venezia del 1970 nell’ambito della sala personale dedicata a Bonalumi. Anche quest’opera non è mai più stata presentata al pubblico. E, a proposito della Biennale, la mostra fa riferimento anche alla prima partecipazione dell’artista alla kermesse veneziana nel 1966. A ricordare questo evento viene esposto Bianco del 1966, un’opera con due tondi che s’incrociano presentata per la prima volta in quell’occasione e immortalata da una celebre immagine fotografica di Ugo Mulas che ritrae Bonalumi dietro a quel quadro.
Tra le tante testimonianze emblematiche della rassegna, viene proposto Rosso e nero, un capolavoro del 1968 proveniente dalla collezione Vaf-Stiftung e diventato per molti mesi una delle maggiori attrattive della mostra La magnifica ossessione proposta al Mart di Rovereto. La caratteristica specifica di questa grande opera di due metri e mezzo di altezza è l’uso del ciré, un materiale elastico, traslucido con un effetto quasi pop che Bonalumi aveva scoperto in America nel 1967. E’, poi, dal 1973, quando è stata presentata a Volterra, che non si ha più la possibilità di ammirare Blu del 1968 in legno e vetroresina di tre metri d’altezza che sperimenta la relazione tra pittura e scultura.
La rassegna, poi, è l’occasione per apprezzare anche la produzione più recente di Bonalumi con opere mai viste prima d’ora come Rapporti, la scultura in vetroresina, cristallo e marmo del 1981-2001 o Rosso del 1990. Anche negli ultimi anni della sua attività l’artista ha realizzato opere di assoluto rilievo in grado di sintetizzare l’intero arco della sua ricerca. In questo senso appaiono emblematiche due opere inedite del 2009, Nero e Bianco. Quest’ultimo è un grande trittico di quasi quattro metri dall’impatto monumentale.
La mostra è accompagnata da un ampio catalogo in italiano e inglese edito da Silvana Editoriale con una selezione degli scritti di Agostino Bonalumi dagli anni settanta sino a oggi raccolti per la prima volta in maniera organica. Accanto ad un saggio di Alberto Fiz e alla riproposizione di uno storico testo di Gillo Dorfles risalente al 1973, viene pubblicata un’intervista con Fabrizio Bonalumi.
Luoghi
www.museomarca.info 0961. 746797
- Orario invernale (21 Ottobre - 20 Aprile): 9.30 / 13.00 - 16.00 / 20.00 - Orario estivo (21 Aprile - 20 Ottobre): 9.30 / 13.00 - 16.30 / 20.30 Chiuso lunedì